La filosofia di coach Phil Jackson

Cerchi sacri.

Phil Jackson è stato un ottimo giocatore e un super allenatore di pallacanestro. Nato (1945) nel Montana e cresciuto nel vicino North Dakota, ha poi avuto successo nella NBA (National Basketball Association) vincendo sia sul campo che in panchina. Come coach in particolare ha raggiunto vette altissime, conquistando ben 11 titoli di campione ed allenando giocatori irripetibili. A metà percorso inoltre si è spostato per cinque anni (1983-1987) nella CBA, una lega non più esistente in cui ha guidato alla vittoria gli Albany Patroons, squadra di New York. Hugh Delehanty è invece un’ex firma della famosa rivista Sports Illustrated. Ha quattro anni più di Jackson e nel 1998 ha collaborato con lui per la stesura del libro Basket & Zen, sottotitolato Sacred Hoops che in italiano si può tradurre con “cerchi sacri”. Sviscerare quest’espressione non è così semplice, anche se l’idea del sacro o del “puro” è ricorrente nei discorsi di Phil Jackson.

Mente e cuore.

Il pluridecorato allenatore è figlio di ferventi cattolici e si è abituato presto a ragionare in termini metafisici. Crescendo ha cominciato a porsi qualche domanda in più e ad allargare il suo orizzonte spirituale, ma è stato solo negli anni Settanta che ha abbracciato la filosofia buddhista dello Zen. Attraverso la pratica della meditazione, Jackson ha scoperto il trucco: «vivere ogni momento con la mente libera e il cuore aperto. Quando riesci a farlo, il gioco -e la vita- funzionano». «A mente libera» vuol dire concentrarsi sull’azione presente senza farsi condizionare degli effetti: il coach la definisce «consapevolezza» e ne fa un concetto chiave del suo gioco. L’altro principio cardine è mutuato dagli indiani Lakota, che Jackson ha incontrato in occasione di uno stage nel 1973. I nativi americani si concepiscono in connessione con l’universo ed animati da uno spirito di solidarietà. «Cuore aperto» è quindi «guardare dentro noi stessi per capire chi siamo, per vedere il collegamento con tutte le cose, che non c’è separazione se non nella mente».

I Bulls di Jordan.

Nell’incontro tra esperienza Zen e mentalità Lakota Phil Jackson ha forgiato il suo basket vincente. Non a caso la sua tattica di gioco più tipica, il cosiddetto “attacco Triangolo”, si fonda sull’altruismo e la sincronia tra i giocatori che dovranno imparare a “muoversi come le cinque dita di una mano”. Questa è la chiave del successo. Il testo illustra dunque come è maturata una filosofia di gioco e di vita: la comprensione non è sempre immediata, anche i titoli di capitoli (11) e paragrafi sembrano spesso criptici, ma gli spunti di riflessione sono notevoli e certamente non ordinari per un libro a tema sportivo. A proposito, c’è anche tanto basket giocato in un linguaggio perlopiù accessibile, senza troppi fronzoli tecnici. Jackson ripercorre stagione per stagione il suo periodo nei Chicago Bulls (fino al ’96), con tanti ego da mettere d’accordo e il “problema” Michael Jordan come portata principale. Con mente libera e cuore aperto, il coach ha trovato brillantemente la soluzione del rebus e in Basket & Zen ci invita a seguirlo nelle sue indagini. Un’occasione da prendere al volo.

Perché leggere Basket & Zen. Sacred Hoops di Phil Jackson e Hugh Delehanty:

perché rivive l’epopea dei grandi Bulls di Michael Jordan; perché contiene spunti interessanti per la nostra mentalità quotidiana.



Titolo:
Basket & Zen. Sacred Hoops
Autore: Phil Jackson e Hugh Delehanty
Editore: Libreria dello sport
Anno: 1998
Pagine: 209

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