Chiacchierata con l’autore di Dimmi chi era Recoba

Enzo Palladini è un giornalista sportivo che lavora per Sport Mediaset ed ha lavorato in passato per il Corriere dello Sport. Nel 2015 ha scritto per Edizioni in Contropiede Scusa se ti chiamo Fùtbol; per lo stesso editore, nel 2016 ha scritto L’anno delle volpi e nel 2017 Dimmi chi era Recoba.

Nel libro mantiene sempre una certa “distanza” dai giudizi su Recoba, un giocatore che da sempre divide. Da appassionato, si schiera tra gli innamorati o i delusi?
«Il rischio era quello di sembrare troppo “recobiano” e troppo tifoso. Io mi dichiaro “ateo” dal punto di vista calcistico, pur avendo avuto una simpatia infantile per l’Inter. Mi piace essere considerato “super partes” e la domanda mi fa pensare di esserci riuscito in questo caso. Però l’aver pensato di scrivere un libro su Recoba indica la mia appartenenza alla categoria di quelli che sono dalla sua parte. Mi piace il calcio in tutte le sue espressioni, soprattutto quella estetica. Un Recoba ogni tanto nella vita può anche illuminare una partita, una serata, un periodo grigio».

Il titolo del libro non è una domanda, bensì una richiesta. Come se anche lei, pur conoscendo il calciatore e indagando l’uomo, non sia riuscito a inquadrarlo. Alla fine saprebbe dire chi era veramente Recoba?
«In realtà io mi sono immodestamente immedesimato in Gaetano Curreri degli Stadio. Lui cantava “Chiedi chi erano i Beatles” e io ho provato a raccontare chi era Recoba. Tutto nasce da lì. I ragazzi che oggi si avvicinano al calcio possono apprezzare molti aspetti dei grandi calciatori, che usano i social network per raccontare le loro vite e le loro avventure di tutti i tipi. Recoba oggi ha un profilo Facebook che alimenta poco, ma per il rapporto che ha sempre avuto con la tecnologia non lo immagino come fruitore di Instagram o di Twitter. Il titolo “Dimmi chi era Recoba” è un’affermazione perché io penso di sapere chi era (anzi chi è) Recoba e ho provato a raccontarlo per quello che so. Anche se purtroppo a lui il libro non è piaciuto, o meglio non gli sono piaciuti alcuni particolari. Non mi risponde più ai messaggi e un po’ mi dispiace. Ma la vita va avanti».

Il libro è ricco di tanti piccoli elementi, quali aneddoti e particolari, che nel complesso offrono un dipinto molto chiaro di Recoba. Per ottenerle questi elementi sono servite di più la conoscenza diretta o le chiacchierate con persone vicine al Chino?
«Un po’ l’uno e un po’ l’altro. Bastava stare un’oretta seduto accanto a lui in aereo durante una trasferta per immagazzinare storie meravigliose. Negli anni ’90 il mestiere di giornalista era davvero fantastico. Si viaggiava sugli aerei delle squadre, una volta effettuato il decollo potevi andare a sederti accanto a Javier Zanetti o a Ivàn Zamorano, a Ronaldo o appunto al Chino Recoba. Quelli eran giorni, sì, erano giorni. Poi c’era anche qualche amico e conoscente di Recoba che raccontava cose divertenti, ma la fonte diretta è stata la più fruttuosa».

Oggi la “garra charrua” è quasi inflazionata come concetto e modo di dire. Potremmo dire che Recoba, in tal senso, rappresenti anche in questo caso un unicum? Un uruguagio privo dell’elemento che, comunemente, più spesso si accosta a quella popolazione.
«Non è stato un unicum. Gli uruguayani hanno provato a prendere il meglio dai due Paesi con i quali confinano, l’Argentina e il Brasile. Da una parte la determinazione e la voglia di vincere, dall’altra la classe. È ovvio che non tutti i giocatori possono prendere tutto. Non è un unicum. Io sono stato molto amico di Ruben Sosa che aveva molto in comune con il Chino, forse ancora più pazzerello. E il grande Enzo Francescoli era classe pura. La garra charrua è roba per i Godin, i Gutierrez (ex Lazio e Verona), i Vecino. Servono anche loro, ma poi per sognare ci vuole il piede sinistro del Chino».

È molto interessante la figura di Paco Casal. Non pensa meriterebbe anche quella un libro? 
«Paco Casal è un personaggio straordinario. Ma anche un terreno minato da esplorare. Qualche giornalista uruguayano ha provato ad andare a fondo sulle sue storie e ha avuto dei problemi. Casal è stato il più potente agente del mondo e ancora oggi è un personaggio che ha una fortissima influenza sulla vita del Paese, non solo sul calcio. È stato un piacere e un onore averlo conosciuto, ma probabilmente un libro su di lui in Italia non avrebbe molto successo. Fanno più sognare i calciatori di talento piuttosto che i grandi manovratori di quel mondo».


Per leggere la recensione di Dimmi chi era Recoba clicca qui.


Titolo: Dimmi chi era Recoba
Autore: 
Enzo Palladini
Editore: 
Edizioni InContropiede
Anno: 
2017
Pagine: 
127

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