L’autobiografia dell’ex difensore serbo

La carriera.

Al termine del suo libro, nei ringraziamenti, Sinisa Mihajlovic scrive: «Dopo la lettura di queste pagine forse a qualcuno starò ancora più antipatico, altri mi rivaluteranno, altri ancora mi apprezzeranno più di prima. Mi sono messo a nudo. Ho detto tutto, senza nascondere nulla. Questo sono io». Potremmo anche fermarci qua con la recensione, perché è proprio così. Il testo (Solferino, 457 pagine) trabocca di una schiettezza ruvida, spigolosa, tipica del suo protagonista. Mihajlovic, serbo classe 1969, è stato calciatore professionista dal 1988 al 2006. Nel ’92 il trasferimento in Italia, che non ha più lasciato (è anche sposato con un’italiana). Ha giocato con Roma, Sampdoria, Lazio e Inter: un difensore duro, aggressivo, anche provocatore. Con un piede sinistro unico, un’arma illegale e multiuso: calciava con potenza, precisione o delicatezza secondo necessità. I suoi tiri da lontano, e le sue punizioni in particolare (28 a segno in Serie A, record), sono ricordati in tutto il mondo.

Una raccolta delle migliori punizioni di Mihajlovic in Serie A.

La svolta.

Ritiratosi dal calcio giocato, con un curriculum pieno di trofei, Mihajlovic ha subito cominciato ad allenare mantenendo la sua caratteristica grinta. In panchina ha guidato sei squadre più la nazionale serba, con risultati alterni. Poi, l’11 luglio 2019, una svolta improvvisa e spaventosa: si reca in ospedale a Bologna, in seguito a dolori nella zona lombare, e gli viene diagnosticata una forma avanzata di leucemia. Il corso degli eventi si blocca. Ed è qui che comincia La partita della vita. Dalla sua stanzetta d’ospedale, Sinisa racconta e si racconta. I tre faticosi cicli di chemio-terapia, conclusi con un trapianto di midollo osseo, vengono ricostruiti accuratamente. Possiamo quasi toccare con mano la sofferenza che attanaglia Mihajlovic. I capitoli sono 51, come gli anni del protagonista, e tutti per lo più brevi. La struttura è quasi sempre la stessa, con la narrazione che parte dal presente per poi saltare indietro, ripercorrendo le varie fasi della vita di Sinisa. Un uomo che ha davvero tanto da raccontare.

La persona.

Come si diceva, un primo punto di forza del testo è la sua franchezza: ci sono esperienze, aneddoti, stati d’animo, giudizi, ragionamenti (anche il lieto fine, grazie a Dio). L’autore, ben sostenuto dal vicedirettore della Gazzetta Andrea Di Caro, non si risparmia mai. Forte di un’autostima evidente, non ha problemi ad auto-incensarsi. Ma non si tira indietro nel rivisitare i propri comportamenti o porsi domande. E soprattutto porta con sé un bagaglio di vissuti molto pesante, anche dal punto di vista emotivo. Il libro ha dunque l’ulteriore pregio di avvicinarci ad esperienze estreme, su tutte la guerra, ma anche un’amicizia “scomoda” o una paternità non voluta, fino alla stessa leucemia. Solo chi ci è passato può capire e provare a spiegare. Ma grazie a racconti come quelli di Mihajlovic, chiunque può confrontarsi con eventi del genere e rifletterci sopra. Poi naturalmente c’è tanto calcio: il serbo ha conosciuto un po’ tutti e di un po’ tutti parla, sempre senza nascondere il proprio punto di vista. Il libro, pur lungo, non risulta quasi mai pesante: le pagine scorrono in fretta tra le dita, c’è spazio per ricordare, paragonarsi, commuoversi. Anche per non essere d’accordo, se no non sarebbe Mihajlovic: «Mi piace dividere. Vivo di sfide e contrapposizioni, più che di condivisioni». Lunga vita a te, Sinisa.

Perché leggere La partita della vita di Sinisa Mihajlovic:

perché è un libro di rara sincerità; perché è un libro che può far riflettere su alcuni aspetti della vita; perché racconta importanti pagine di storia e di calcio vissute dal di dentro.


Titolo: La partita della vita
Autore: Sinisa Mihajlovic (con Andrea Di Caro)
Editore: Solferino
Anno: 2020
Pagine: 457

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