La vita e il calcio del principe azzurro che fece innamorare Milano

Il titolo è azzeccatissimo. Perché Andriy Shevchenko è stato davvero un fuoriclasse gentile, nell’estetica così come nella tecnica. Protagonista di una stagione calcistica ormai relegata alla nostalgia spiccia di qualche pagina Facebook, il talento del fu 7 rossonero spiccava per la più totale assenza di stravaganze, di orpelli narcisistici. Sheva segnava e dominava, ma con un portamento da principe azzurro (i suoi poster erano appesi in egual misura nelle camerette di ragazzi e ragazze). La sua autobiografia, dunque, parte bene. Ma Forza gentile (Baldini+Castoldi, 2021, pp. 314), scritta da Sheva con il giornalista di Sky Alessandro Alciato, già co-autore delle autobiografie di Ancelotti, Pirlo e Mazzarri, poi si perde un po’. Nelle trecento e passa pagine, quella forza gentile traspare poco e non è un caso che, alla fine, si scopra come a suggerire il titolo sia stato in realtà Giorgio Armani, che con quelle due semplici e perfette parole, nella postfazione, ha descritto il giocatore.

Lo Sheva inedito.

In realtà, il libro è come se seguisse due diversi canali. Il primo si sintonizza sull’inedito. Sheva, con l’aiuto di Alciato, racconta la sua infanzia dura tra Urss, Chernobyl, amici persi, Dinamo Kiev. Il pallone come bussola per orientarsi nel mondo, un porto sicuro in un’epoca di cambiamenti tempestosi. Alleggerendo la narrazione dal peso dei luoghi comuni (l’etichetta del predestinato e dintorni) e dall’inutile storytelling semi-filosofico, si scoprono quegli angoli di vita sconosciuti, quei rapporti umani strani e affascinanti (con il compagno e radioamatore Rebrov o il mentore e guru Lobanovskyi) che raccontano più delle parole chi era e chi è Sheva. Sono le pagine che narrano i primi colpi di scalpello a quella che poi, in maglia rossonera, diverrà una statua calcisticamente perfetta. Il racconto non scava a fondo, ma soddisfa.

E la forza dov’è?

Il secondo canale narrativo, invece, si sintonizza sugli anni più noti ai lettori. E scatta, ovviamente, con il passaggio di Sheva in rossonero. Ed è proprio a questo punto che il libro perde verve e intensità. Rimane solo la gentilezza. Un po’ troppa gentilezza. Diciamo pure la melassa. Che, si sa, sul lungo stanca. Di cose da raccontare ce ne sarebbero: l’esplosione e la consacrazione con il Milan, la finale di Manchester e quella di Istanbul, le scintille con Ancelotti, il passaggio al Chelsea, il ritorno in rossonero, il declino fisico e tecnico. Ma il libro non aggiunge quasi niente a quel che già si sa. L’aneddotica è ridotta al minimo, mentre è gonfiata al massimo l’aggettivazione epica. Tanto fumo, poco arrosto. Alciato è bravo a riempire questa lacuna, ma finisce per prendere il sopravvento su Sheva in diversi passaggi.

Resta giusto il poster.

Forza gentile ripercorre passo passo, dunque, la vita dello Sheva calciatore, con timidi escursioni in quella dello Sheva uomo. È un po’ un ibrido che non va in profondità né da un lato né dall’altro, ma sazia il giusto la curiosità dell’appassionato, di chi ricorda ancora l’abbacinante classe pragmatica di Shevchenko. Dispiace solo che, alla fine, il libro poco aggiunga a quei poster un tempo appesi nelle camerette di ragazzi e ragazze.

Perché leggere Forza gentile di Andriy Shevchenko con Alessandro Alciato:

per ricordare l’eroe (del pallone) e intuire l’uomo.


Titolo: Forza gentile
Autore: Andriy Shevchenko con Alessandro Alciato
Editore: Baldini+Castoldi
Anno: 2021
Pagine: 314

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