Chiacchierata con l’autore di Grand Hotel Calciomercato 

Gianluca Di Marzio è, assieme ad Alessandro Bonan, il volto del calciomercato italiano. Figlio di Gianni Di Marzio, prima allenatore tra le altre squadre del Napoli e poi dirigente di Venezia e Juventus, ha iniziato come giornalista sportivo a Padova. A Sky Sport si sviluppa la sua carriera sia come telecronista che come esperto di calciomercato. Le sue trasmissioni serali sono diventate punto di riferimento per tutti i tifosi italiani che attendono le sue soffiate in merito alle più clamorose trattative. Aneddoti e storie che Di Marzio ha raccontato nel suo Grand Hotel Calciomercato, uscito ad ottobre ed edito da Cairo. A partire dal suo libro abbiamo fatto una chiacchierata.

Il re della comunicazione via social che scrive un libro: sembra un po’ una contraddizione… come mai hai scelto di scrivere un libro?
«In primis per avere qualcosa che restasse negli anni. Il mondo social è ormai reale, ma rimane qualcosa di virtuale. Io volevo una sorta di testimonianza che potesse essere ricordata nel tempo. Magari anche per i miei bambini, che quando cresceranno potranno leggere un libro sull’attività di papà. Poi c’è un altro motivo».

Quale?
«Voglio far capire cos’è il calciomercato e cosa c’è dietro, al maggior numero di persone possibile. In questo determinato periodo storico il calciomercato è andato al di là della pura passione sportiva. Con il libro vorrei rivolgermi anche a tutti i genitori di quei ragazzi “malati” di calciomercato, o alle fidanzate che non capiscono questa passione. Vorrei cercare di allargare un po’ l’orizzonte, far capire che non si tratta solo di una fiera dove si comprano e si vendono giocatori. Ci sono tante altre dinamiche, altri particolari che lo rendono quasi una soap opera».

Per questo il titolo è Grand Hotel?
«Sì. Il calciomercato è diventato un prodotto sempre più televisivo. E quando ho scritto il libro me lo sono veramente immaginato come una serie tv, o un film, che potesse appassionare anche chi non segue lo sport. Una cosa che mi ha reso orgoglioso è che, 10-15 giorni dopo l’uscita, sono arrivate le prime offerte per acquisire i diritti audio-visivi del libro: significa che qualcuno potrà trasformarlo in una serie televisiva, ed è proprio quello che avevo immaginato scrivendo. Aggiungo che anche la prefazione è significativa».

Perché?
«È firmata da un bambino chiamato Giovanni, come mio figlio. Ma non si tratta di mio figlio né di un certo Giovanni. È un ragazzino di 14 anni che non ha voluto far sapere il suo nome, super appassionato di calciomercato. Durante l’estate, d’accordo con i suoi genitori, ci segue nei ristoranti dove ci sono le trattative, o negli alberghi, oppure gira in monopattino per Milano a caccia di fotografie e di video. E si relaziona con me segnalandomi i procuratori che vede. È la persona ideale per introdurre il mio libro: già a quell’età preferisce seguire le trattative di mercato che stare a casa a giocare con la playstation».

Come ti spieghi questo interesse spasmodico che è cresciuto nel pubblico? Il fenomeno del calciomercato trova un grande riscontro tra gli italiani…
«Mi piace pensare che ci sia anche un po’ del nostro, per come abbiamo costruito Calciomercato l’Originale su Sky, catalizzando un’attenzione diversa sull’argomento. È un po’ la stessa idea che c’è dietro al mio libro: quella di allargare il pubblico, avere ospiti da diversi ambiti, costruire servizi di un certo tipo, cercando di raccontare il mercato in maniera più leggera, divertente. Penso e spero che questo funzioni: sono ormai quindici anni che lo facciamo e forse un po’ abbiamo cambiato la percezione del calciomercato in giro per l’Italia. bisogna anche dire che la scelta è stata per certi versi obbligata».

In che senso?
«Quando è nato il canale SkySport24 la comunicazione è diventata minuto per minuto. Già lì si cominciava a parlare di calciomercato in modo continuativo. Questo ci ha portato a pensare a qualcosa di diverso, di specifico per quel tema. C’è stata anche la bravura di un conduttore come Alessandro Bonan, che ha scritto e interpretato tutte le canzoni delle sigle. C’è stata la mano del regista, Popi Montoli, che ha un occhio diverso nel realizzare lo studio e nel guidare le telecamere al suo interno. Nel nostro programma si nota una mano diversa, e questo mi porta a pensare che anche il pubblico, guardandoci, abbia evoluto il suo approccio alla materia».

Ti senti ancora un giornalista sportivo a tutto tondo, oppure la specializzazione ti ha tolto qualcosa?
«Mi sento un giornalista sportivo a tutto tondo, per esempio quando vado a fare l’inviato per la Champions League provo grande soddisfazione, nel raccontare l’evento, il pre-evento, l’atmosfera, il colore, cercare di far sentire tutto ciò a chi guarda da casa. Penso anche agli Europei o ai Mondiali cui ho partecipato. Oppure alle telecronache: da quando ho cominciato, che avevo vent’anni (oggi ne ha 46, ndr), ne avrò fatte migliaia! Mi sento completo, poi il calciomercato mi ha dato questa etichetta che mi fa piacere, perché mi ha specializzato. Però non penso mi abbia tolto qualcosa, anche perché ad esempio per le telecronache ci sono colleghi più bravi di me. Ma io, con quello che faccio, non ho perso la possibilità di fare altro».

E come sei arrivato a specializzarti nel calciomercato?
«È stato abbastanza naturale, quasi casuale. Sono arrivato a Sky nel 2004, con alle spalle un’esperienza nel settore a Padova. Non ero in una trasmissione specifica, mi occupavo delle trattative delle squadre locali: il Padova, il Venezia… A Sky c’era già un piccolo format sul calciomercato: grazie a Massimo Corcione, che era direttore dell’area Sport, avevano cominciato a sperimentare qualcosa. Ma gli mancava la figura del giornalista che dovesse occuparsene. Mi mandarono ad affiancare Martina Maestri, attualmente direttrice di SkySport24, che era stata inviata al Quark Hotel di Milano, in via Lampedusa, a seguire il calciomercato».

Come si è sviluppata la cosa?
«Dopo due-tre giorni Martina vedeva che io avevo già diversi contatti e che tante persone mi riconoscevano, mentre lei faceva più fatica a relazionarsi con i personaggi di quell’ambito. Vedeva che io mi sentivo nel mio mondo e dunque mi mandò avanti. Lei si sentiva quasi stressata in questa specialità, non la sentiva sua, dunque mi passò il testimone. Per questo dico che è stato un passaggio spontaneo. Io, tramite la carriera di mio padre (Gianni, ndr) nel mondo del calcio, conoscevo già tante delle figure che giravano lì. Mi ha avvantaggiato il fatto che da piccolo seguissi mio padre, nel suo percorso di allenatore e poi di direttore sportivo. Lui sapeva che ero appassionato e mi portava con sè, così mi ha fatto conoscere il mondo del calcio dirigenziale. È stato un vantaggio determinante nei confronti di tanti miei colleghi. Anche oggi, per entrare nel mondo del calciomercato bisogna presentarsi, acquisire fiducia e rispetto. Io sono partito sicuramente diversi metri avanti, per il cognome che porto e la carriera di mio padre, non posso che ammetterlo senza alcun tipo di imbarazzo».

Ora la tua rete di collaboratori è ampia: ci sono delle caratteristiche che guardi quando devi sceglierne qualcuno? Mi piaceva l’immagine dell’intelligence, perché avete una capacità di stare attenti a tutti i dettagli…
«Devo dire che non tutti quelli che vengono a far parte del gruppo li scegliamo per farli diventare come me. Non è facile trovare persone, ragazzi con la predisposizione a cercare contatti, notizie… non sono tanti quelli in cui ho riscontrato questo talento. Per scrivere sul mio sito, come su altri, è importante anzitutto saper scrivere. E lo dico perché anche in questo caso non vedo una qualità eccelsa nel panorama generale. Io vado a cercare chi sa scrivere e chi ha fantasia, chi cerca di distinguersi per come racconta le storie. E poi chi ha idee, è fondamentale. Ci sono tanti ragazzi che sono seduti aspettando solo che io gli dia l’input. Non deve essere sempre così, le idee devono venire anche da loro. Quello che cerco è la capacità di produrre idee, avere spunti, continuare a pensare a cosa si può fare di particolare, di interessante, di originale. Un sito come il mio deve distinguersi dalle piattaforme più complete, come quelle dei quotidiani».

Altri elementi che ricerchi?
«Certamente la passione, quella per cui non guardi l’orario e che ti fa scrivere giorno e notte. In generale cerco un mix, ma ognuno dei miei collaboratori ha un particolare di rilievo: io devo unirli per formare un mosaico completo. Non cerco un altro me, un altro Luca Marchetti o un altro Dario Massara, sbaglierei a farlo. Devo rintracciare peculiarità diverse e poi sfruttarle al massimo. Posso fare un esempio individuale».

Prego.
«Lorenzo Buconi, uno di coloro che lavorano per il sito. A lui piace crearsi contatti con direttori sportivi che lavorano nelle serie minori, come la Serie C ad esempio. Sono quei dirigenti che oggi non conosce nessuno, ma che magari negli anni scalano le categorie e diventano figure note e più ricercate. In quel caso, uno come Lorenzo partirà avvantaggiato perché sta costruendo una rete di contatti dal basso. Ecco, questa è una delle cose che consiglio: iniziare ad intessere contatti partendo dal basso, anche dalla Serie D per esempio, cercando di capire quali sono quei profili che hanno qualcosa in più e che potranno scalare le categorie, come dicevo».

Nel libro hai ricostruito tante trattative: come hai fatto? Sei andato a memoria, hai una banca dati, un archivio…
«Qualcosa ricordavo, specie di quegli affari che ho vissuto più in rima persona. Ma tutto ciò che è stato raccontato nel libro è frutto di 100-150 testimonianze raccolte durante il primo lockdown, da marzo fino ai primi di maggio. Ho telefonato a tutti quelli che conoscevano il calciomercato e che potessero raccontarmi qualcosa. E l’ho potuto fare soltanto per il lockdown. In condizioni normali avrei avuto bisogno di molti più mesi, perché tutti mi avrebbero invitato per vedermi e parlarmi da vicino, giustamente. Invece a causa della pandemia erano tutti a casa, quindi ho chiesto di provare a fare uno sforzo e ricordare per me gli episodi più particolari. Da parte mia ho cercato casistiche curiose, chiedendo di raccontarmi le cose più assurde. Facevo sei-sette telefonate al giorno e le ho registrate tutte, fino a raccoglierne circa oltre un centinaio. E’ successo anche che qualcuno, parlandomi, citasse altre persone cui non avevo pensato inizialmente: in quei casi andavo a recuperarmi quell’ulteriore contatto».

Devi aver accumulato un mare di episodi…
«Sì, al punto che potenzialmente potrei già scrivere un secondo libro. Ma ho dovuto dare un filo logico e per questo ho lasciato fuori tanti racconti. Cosa che mi è anche dispiaciuta, perché diverse persone con cui ho parlato non compaiono nel testo. Tutti mi hanno messo a disposizione la loro memoria ed è per questo che il libro è così particolareggiato. C’è poi un altro elemento: non sono andato a caccia di scandali. Non volevo fare un’opera d’inchiesta, descrivere il lato oscuro del calciomercato: volevo raccontare il lato migliore. Per questo tutti quelli che ho interpellato hanno avuto piacere di raccontarmi. Per esempio, Walter Sabatini mi ha richiamato, dopo che avevamo già parlato, per dirmi di quella volta che prese una decisione sbagliata su Pierre Aubameyang, non fidandosi del suo istinto. Anche questo mi ha dato soddisfazione: i miei interlocutori non mi hanno raccontato solo cose belle, ma anche quei casi in cui si sono fatti fregare da situazioni contingenti».

Dal tuo punto di vista, qual è stata la trattativa più faticosa da seguire?
«Quella di Higuain dal Napoli alla Juventus. In quel momento era impensabile che la Juve spendesse 92 milioni per prendere il miglior giocatore di una rivale scudetto. Higuain aveva appena fatto il record dei 36 gol in campionato, Juve e Napoli erano nemiche per la pelle, era difficile ipotizzare un accordo. La trattativa è stata difficile da seguire perché ci sono state le smentite ufficiali da parte del Napoli. Perciò quando ho cominciato a parlarne ho ricevuto anche minacce e offese via social. Poi è arrivata la notizia che Higuain era a Madrid per fare le visite mediche, in segreto. Mi ricordo che era agosto ed ero in Sardegna: venirlo a sapere mi ha rinfrancato, perché ricevere le minacce era stato duro psicologicamente».

In un’epoca dove il giornalismo corre veloce sui social, se così si può dire, la letteratura sportiva ha ancora spazio?
«Io lo spero. Non sono mai stato un grande lettore, proprio perché essendo un giornalista televisivo non ho mai avuto grande disponibilità di tempo. Però da quando ho cominciato a scrivere mi ci sto appassionando. Sto guardando quali sono i titoli più interessanti, quelli più letti, e devo dire che ci sono delle storie belle, che magari sono diverse dal mondo social ma hanno un loro perché, una propria vita. Bisognerebbe avere più tempo: ci sono i libri, i social, la televisione, Netflix, Sky… c’è di tutto da seguire. Però credo che ogni tanto la nostra mente abbia bisogno di staccare un po’, e immergersi in quella realtà parallela in cui rilassarsi. E un libro è certamente più rilassante dei canali social, dove l’adrenalina è sempre a palla. Mi sto rendendo conto che anche per il tipo di vita che faccio, la lettura può essere quella fase rilassante che sicuramente un po’ mi mancava. C’è un’altra cosa che mi fa piacere».

Quale?
«Ricevere messaggi o commenti in cui le persone mi dicono che sono tornate e leggere, o addirittura hanno iniziato a leggere, grazie al mio libro. A queste persone tengo a rispondere personalmente. Così come spero di essere riuscito a rendere il calciomercato un fenomeno sociologico, ugualmente mi auspico di poter dare un piccolissimo contributo nel far sì che tanti ragazzi ai appassionino alla lettura. E ripeto, da messaggi che ho ricevuto mi sembra che qualcosina stia accadendo in questa direzione. Ci terrei infine ad aggiungere altri due dati».

Prego.
«Il primo è che siamo andati in ristampa già per la terza volta, perché in vista del Natale c’erano tanti riordini. E poi è stato già concluso l’accordo per la versione giapponese del libro. Il Giappone è stato il primo paese che ha comprato i diritti: hanno chiesto solo di cambiare la copertina e di inserire più figure all’interno, visto che loro hanno questo modo di raccontare. Sono molto incuriositi dai retroscena e quindi sarà Gran Hotel Calciomercato in giapponese».


Per leggere la recensione di Grand Hotel Calciomercato, clicca qui.


Titolo: Grand Hotel Calciomercato
Autore: Gianluca Di Marzio
Editore: Cairo
Anno: 2020
Pagine: 283

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