L’autobiografia di una leggenda del tennis

Questo è il secondo libro scritto da John McEnroe. Il famosissimo tennista americano aveva già pubblicato una prima autobiografia nel 2002, intitolandola You cannot be serious ovvero «Non puoi dire sul serio». Johnny Mac diceva così agli arbitri quando voleva contestarne le decisioni, e questa frase è diventata un suo biglietto da visita. Nel 2017 il newyorchese nato in Germania (e concepito in Belgio, come potrete scoprire) è tornato a scrivere di sè in un altro libro, dal titolo opposto rispetto al precedente: But Seriously, «Sul serio», che però in italiano è stato modificato in 100%. Probabilmente perché, in questa seconda pubblicazione, è come se McEnroe ci mostrasse l’altra metà della sua luna ovvero la vita dopo il tennis. Il che può rappresentare un pregio ma anche un potenziale limite. Mac riparte da dove aveva finito con il primo libro, quindi dal 2002. Negli anni seguenti si è dato da fare affinché la sua vita non si svuotasse di senso, e a giudicare dai suoi racconti sembra esserci riuscito.

Famiglia.

Si è riciclato con successo nel mondo della comunicazione, televisiva e radiofonica. Si è cimentato nella recitazione con alterne fortune. Ha coltivato interessi extra-sportivi e in particolare l’arte e la musica. Forse però la sua fortuna più grande, nonché la maggior fonte di occupazione, è arrivata dalla famiglia composta proprio da una cantante rock (Patty Smyth, la seconda moglie) e da ben sei figli, divisi fra due matrimoni. Nei venticinque capitoli del testo, McEnroe parla più volte di loro. Descrive i suoi ragazzi come la cosa migliore che gli sia mai capitata e talvolta ne approfitta per tornare indietro nel tempo, accennando a quando lui era giovane e al rapporto che aveva con i suoi genitori. Invece la moglie, Patty Smyth (da non confondere con la quasi omonima Patti Smith, con le “i”, famosa cantautrice), si prende direttamente la scena: in due punti del libro è lei a scrivere, a proposito del primo incontro con McEnroe e di un particolare lato caratteriale del marito.

Discorsi.

Insomma, 100% è un’autobiografia vera, dai toni molto personali e questo è sicuramente un fattore apprezzabile. Di contro, capita spesso che Mac allarghi un po’ troppo i suoi discorsi, al punto da renderli meno coinvolgenti. Ci sono ad esempio alcuni passaggi, se non proprio interi capitoli, dedicati alle sue disavventure in campo artistico: acquisti e cessioni di opere costose, trattative complicate, inganni subiti… fino alle dissertazioni più tecniche in cui è difficile tenere il bandolo della matassa, con temi non proprio quotidiani come l’espressionismo astratto oppure l’Outsider Art. Per un appassionato di tennis, non è esattamente come leggere di Wimbledon o di Bjorn Borg! A proposito: sul grande rivale svedese McEnroe spende poche ma bellissime parole, rivelando anche un particolare “intimo”… In generale, il tennis rimane argomento marginale ma sempre pronto ad affiorare, anche perché Mac non ha mai davvero abbandonato i campi da gioco. Ed è stato il suo sport a permettergli di «chiudere il cerchio della mia vita», come scrive nella postfazione. Una vita all’insegna dell’eccesso e del privilegio, ma riempita anche dai piccoli-grandi problemi quotidiani che riguardano le persone “qualsiasi”.

Perché leggere 100% di John McEnroe:

perché è un po’ come fare due chiacchiere con il grande tennista, parlando del più e del meno e sì, anche di tennis…


Titolo: 100%
Autore: John McEnroe
Editore: Piemme – Pickwick
Anno: 2017
Pagine: 303

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