La nazionale azzurra ai Mondiali di calcio del 1974

Giovanni Arpino, autorevole giornalista scomparso alla fine degli anni ’80, si afferma innanzitutto come romanziere. Azzurro tenebra, del 1977, dedicato al calcio, è collocato nella fase matura e consolidata del suo percorso letterario. L’interesse di Arpino per lo sport, unito alla sua abilità di scrittore, lo portò a varie collaborazioni giornalistiche: la più duratura quella col quotidiano La Stampa di Torino, che poi lasciò per seguire l’amico Indro Montanelli al Giornale. In questo romanzo racconta «dei primi attori e delle comparse della fenomenale commedia del pallone». Coinvolgendoli tutti, ma senza stravolgerli: così si esprime nella prefazione il suo collega Massimo Novelli, curatore di questa edizione. L’argomento affrontato nel romanzo sono le prestazioni della compagine italiana nel corso dei mondiali di calcio in Germania (l’anno è il 1974). Il titolo, accostando l’azzurro alla tenebra, svela subito il comportamento a dir poco sottotono della nostra squadra in quella competizione, dove fu eliminata al primo turno. Il libro, che all’epoca non ebbe molta fortuna di pubblico e di critica (tranne rare eccezioni di positivi riscontri da parte di altri giornalisti), è a detta del curatore «il solo romanzo sportivo della nostra letteratura». Arpino, rammaricatosi non poco del mancato successo, lo attribuì al fatto che «per i critici italiani parlare di sport è sempre un’operazione squalificante».

Le tenebre oscurano l’azzurro.

In effetti l’intero romanzo è incentrato sulla disavventura calcistica dell’Italia, alle prese con le prime tre partite del mondiale (nell’ordine Haiti, Argentina e Polonia). Le prime e le ultime, non essendo riusciti a superare il turno. Gli ingredienti di Azzurro tenebra sono innanzitutto i protagonisti in campo, ma anche la tensione e la trepidazione dell’ambiente, la delusione generale per l’inequivocabile disfatta (nel romanzo largamente prevista…). Persone, fatti, episodi vengono descritti in modo talmente fresco e vivo da sembrare un resoconto più che un racconto. L’autore fa capire che il “verosimile” che ci sta presentando è (stato) purtroppo veritiero. Tutto vero dunque, come ebbe ad ammettere qualche protagonista coinvolto in quell’esperienza e citato nel libro: rivalità e clan all’interno dello spogliatoio, scelte tecniche discutibili, debolezza e incertezza dei dirigenti circa mancati provvedimenti disciplinari, appagamento e appannamento di alcuni campioni incamminati sul viale del tramonto ma in quel momento ancora inamovibili… Il genere letterario utilizzato, a tre anni dalla debacle, permette ad Arpino di non infierire direttamente e di non stroncare impietosamente i protagonisti di quella sciagurata avventura. Non manca comunque di identificare le persone, alludendo, ricordando nomi o ricorrendo a soprannomi già noti.

I personaggi.

“Bomber” e “Golden Boy”, ovvero Gigi Riva e Gianni Rivera, coloro che hanno maggiormente deluso le aspettative della vigilia. Chinaglia della Lazio, protagonista del mondiale solo per l’irrispettoso gesto nei confronti della panchina in occasione della sua sostituzione, è il negativo “Giorgione” del libro; “Baffo” e “San Dino” corrispondono a Sandro Mazzola e Dino Zoff, tra i pochissimi riconosciuti all’altezza della situazione. Nel romanzo “Arp” (Giovanni Arpino) ha un rapporto privilegiato di confidenza e di scambio di opinioni, calcistiche e non, con Giacinto (Facchetti, capitano e trascinatore di quella squadra) e con il “Vecio” (Enzo Bearzot, allora vice dell’allenatore del ct Valcareggi, indicato come “lo Zio”). Proprio grazie all’intima amicizia con Giacinto e il Vecio, Arp può avere notizie di prima mano e con loro quasi prevedere la rovinosa conclusione dell’esperienza tedesca a cui stanno per assistere gli atleti e il loro entourage, gli emigranti italiani, i tifosi arrivati da ogni dove, e i giornalisti accreditati (Arpino chiama “Belle Gioie” quelli che sono sempre pronti ad osannare, comunque vadano le cose, e “Jene” quelli perennemente a caccia di scandali e di scoop). Di tanto in tanto i tre amici ricordano l’amarezza vissuta: talmente bruciante nel Giovanni Arpino reale da meditare in quell’occasione l’abbandono della professione di giornalista sportivo… Le attese su quella nazionale erano forse eccessive, ma lecite: nessuno aveva dimenticato l’impresa che le era riuscita quattro anni prima nella famosa semifinale con la Germania Ovest, in quella che fu definita “la partita del secolo”. Sicuramente per questo l’eliminazione del 1974 sembrò un’onta che, oltre a diventare crollo e fallimento di una gestione e di diversi campioni, finì per rappresentare durissimo colpo e inamovibile trauma per chi ci aveva sperato e creduto.

Perché leggere Azzurro tenebra di Giovanni Arpino:

perché è un romanzo ben scritto in cui la fantasia è… la realtà stessa; per capire un po’ di più cosa può muoversi attorno e dentro il mondo del calcio; per avere testimonianza dello spessore umano di alcuni protagonisti.


Titolo: Azzurro tenebra
Autore: Giovanni Arpino
Anno: 2007
Editore: Spoon River – Graphot Editrice
Pagine: 231

N.B.: in seguito (2010) ripubblicato anche da BUR Rizzoli.

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