La storia del campione della marcia

La storia di Alex Schwazer merita di essere letta. Soprattutto se ancora non la conoscete bene. Dentro c’è davvero tanto. Il marciatore altoatesino, nato a Vipiteno nel 1984, ha seguito un percorso tortuoso. Cresciuto in una famiglia di sportivi, ha capito presto di essere un predestinato. Si è dato all’hockey, al ciclismo e poi, in via definitiva, alla marcia. Si è allenato come un ossesso e nel 2008, a ventitré anni, è diventato campione olimpico nella specialità dei cinquanta chilometri. Poi però, qualcosa si è spento dentro di lui. È arrivato a odiarsi, ad autodistruggersi. Ha assunto un ormone dopante, l’eritropoietina (EPO), ma nel 2012 è stato scoperto e squalificato per tre anni e mezzo. Non si è arreso. È riuscito a ripartire, con un nuovo allenatore e una nuova fidanzata (prima stava con un’altra atleta famosa, la pattinatrice Carolina Kostner). Ha scontato la sua punizione e si è presentato, ripulito e rinvigorito, ai nastri di partenza delle Olimpiadi 2016. Ma pochi giorni prima delle gare, una nuova batosta: la notizia di una seconda positività. Pena: altri otto anni di sospensione.

Nemici invisibili.

Ad Alex è nuovamente crollato il mondo addosso, anche perché questa volta era sicuro di essere innocente. Per fortuna, il lungo procedimento penale che ne è seguito gli ha dato ragione, smascherando i piani oscuri di avversari “più grandi”: IAAF e WADA, cioè l’Associazione Internazionale di Atletica e l’Agenzia Mondiale Antidoping. Per loro Schwazer era diventato un personaggio scomodo. Un capro espiatorio, più che un semplice colpevole. E dunque, come il processo penale ha dimostrato, hanno manipolato i suoi test delle urine in modo da farlo risultare recidivo. Alex è poi stato scagionato penalmente, ma solo nel 2021 e non dalla giustizia sportiva, e così non ha più potuto partecipare a gare ufficiali. Non che sia rimasto con le mani in mano: si è riciclato come allenatore amatoriale e soprattutto ha messo su famiglia, sposando Kathi e mettendo al mondo due figli. La sua nuova vita è forse meno sportiva, ma di certo più ricca di significati e questo, come egli stesso scrive, lo ha aiutato a soppesarla da una prospettiva diversa. A capire che quello della marcia non è l’unico traguardo possibile. Ma chi gli restituirà gli anni della seconda squalifica?

Storia complessa.

Il libro impiega un po’ a prendere il lettore. I primi capitoli sono tipici di una biografia sportiva: c’è un ragazzo con il suo sogno, che esce ad allenarsi anche prima di andare a scuola. C’è un talento evidente, la goduria nel gesto atletico. Ma ci sono anche i dubbi, gli incidenti, i passi falsi. Poi il trasferimento in Piemonte, alla scuola di Saluzzo dove finalmente Alex emerge, con l’aiuto del coach Sandro Damilano. In seguito, dopo la prima squalifica per doping, sarà un altro Sandro, il “prof” Donati, a prendersi cura di Schwazer aiutandolo a rinascere dalle sue ceneri. La lettura si fa più intensa col passare dei capitoli (ventidue in tutto, circa dieci pagine l’uno) via via che Alex, con grande sincerità, mette sul tavolo emozioni, decisioni, motivi. Si parla molto anche di questioni extrasportive (i controlli medici, il processo penale) ma quasi sempre in termini comprensibili per i non esperti. E arrivati in fondo, si ha la sensazione di conoscere meglio non solo una storia complessa, ma anche il suo protagonista. Questo significa che il libro ha colto nel segno.

Perché leggere Dopo il traguardo di Alex Schwazer:

perché c’è dentro tanto: gioia e dolore, pubblico e privato, giustizia e ingiustizia; perché è un libro sinteticamente profondo; per conoscere meglio una storia importante dello sport italiano.


Titolo: Dopo il traguardo
Autore: Alex Schwazer
Editore: Feltrinelli
Anno: 2021
Pagine: 227

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