I Mondiali maledetti di Argentina ‘78

Si è detto molto sul Mondiale 1978 giocato in Argentina e vinto dalla nazionale di casa in finale contro l’Olanda in versione Arancia Meccanica 2. Probabilmente la parola più indicata è sospetto, in quanto quel trionfo casalingo avvenne in circostanze quantomeno dubbie e per forza di cose riconducibili al contesto del paese di quegli anni. Raffele Cirillo mette ordine alle vicende di quel mese di giugno 1978 per raccontarci da una duplice prospettiva la storia di una vittoria che è, come da sottotitolo, maledetta. La casa editrice Fila 37 non è nuova a lavori di questo genere e, dopo averci raccontato le vicende calcistiche accadute durante il regime sovietico (vedasi Futbolstrojka e Il portiere di Astrachan’), offre un approfondimento dove ancor di più sport e regime politico si intrecciano. La piccola storia, quella della vittoria di Kempes, Fillol e compagni, si districa nelle pieghe della grande storia, il regime di Videla e dei militari. Ne esce un libro godibile dove realtà e immaginazione si muovono all’interno di un ampio e documentato lavoro bibliografico, fatto di articoli di giornale, libri e speciali televisivi.    

La finale del Mondiale 1978 tra Argentina e Olanda.

La scomoda posizione d’El Flaco.

Se volessimo trovare un personaggio protagonista della storia del Mundial 1978 quello è certamente Luis Cesar Menotti, il commissario tecnico dell’Argentina, uomo di sinistra trovatosi a guidare la nazionale nella competizione casalinga, mentre un colpo di stato militare aveva rovesciato solo due anni prima il governo del paese. A questo poi occorre aggiungere che, come tutti i CT, messo di fronte alla lista da convocare al Mondiale, aveva optato per lasciare a casa niente di meno che il diciassettenne talento Diego Armando Maradona (oltre all’idolo d’el Diez, Ricardo Bochini). Menotti è oggetto approfondito d’indagine da parte di Cirillo sia raccontando i momenti chiave della storia, dal momento della presa di potere dei militari avvenuta nel corso di una trasferta in Polonia fino alle interviste a seguito della finale, sia utilizzando nell’ultimo capitolo l’espediente di un dialogo immaginario con un giornalista passato dall’ESMA (la scuola di detenzione e torture dove erano imprigionati i dissidenti del regime). Poteva Menotti, uomo con idee politiche differenti da quelle di Videla e Galtieri, schierarsi contro i metodi efferati che la giunta militare stava utilizzando per reprimere con la violenza chiunque si mettesse all’opposizione? Questa domanda, esplicitata sul finale, è il filo conduttore che tiene assieme il libro che più che di denuncia è un testo che offre uno spaccato delle condizioni folli in cui ha giocato, e vinto, un Mondiale una nazionale ricca di giocatori di talento e di uomini che dovevano lottare per una maglietta che in contemporanea rappresentava il proprio popolo ed i politici che invece lo opprimevano. Probabilmente chiarezza sulla reale situazione dei protagonisti sportivi non si riuscirà mai ad avere, ma libri come quello di Cirillo permettono di contestualizzare efficacemente una vicenda storica poco cristallina.    

Perché leggere Il gioco e il massacro di Raffaele Cirillo:

perché è uno strumento per mettere nuovamente in luce un Mondiale giocato in condizioni assurde e di cui l’unica reale certezza è che l’extra campo si impose sul campo.


 Titolo: Il gioco e il massacro. I Mondiali maledetti di Argentina ‘78
Autore: Raffaele Cirillo
Editore: Fila 37
Anno: 2021
Pagine: 120

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