L’autobiografia del grande campione dell’Inter

Nei primi anni 2000 la coppia Marco Civoli–Sandro Mazzola ha condotto le telecronache della nazionale di calcio sulle reti Rai. I due hanno lavorato in coppia fino alla conquista dei mondiali 2006. In Ho scelto di stare davanti alla porta la “voce” è però solo quella di Sandrino Mazzola che, raccontandosi in prima persona, presenta la sua lunga e gloriosa carriera sportiva. Invece Civoli, che non compare direttamente nel testo, ha organizzato la grande quantità di informazioni che il campione ha voluto condividere con lui, senza dubbio svolgendo un buon lavoro redazionale. Si tratta di un’autobiografia in gran parte lineare, ben raccontata e impostata, suddivisa per capitoli sulla traccia di periodi e segmenti della vita professionale di Mazzola. Così articolata: dal 1942 al 1960 (primi calci al pallone e professionismo), dal 1960 al 1963 (travagliato inserimento nella società nerazzurra), dal 1963 al 1967 (epopea della Grande Inter). Il decennio successivo riguarda l’esperienza in Nazionale, e a seguire si parla del ritiro dal calcio giocato con l’immediato passaggio al ruolo di dirigente. Questa ultima parte del volume è forse la meno fluida e scorrevole: procedendo per flash il racconto, pur interessante, risulta spezzettato e frammentato. Toccante è la narrazione dei primi capitoli in cui vengono descritti, oltre al contesto familiare di Sandrino, gli esordi, le incertezze, l’esplosione, la consacrazione come calciatore fondamentale e decisivo dell’Inter, dominatrice di quegli anni in Italia e all’estero.

Dignità ed equilibrio.

Lo stile è semplice, diretto, chiaro; il tono garbato e colloquiale. Mazzola non cade nel vittimismo quando fa riferimento alla tragedia di Superga in cui morì suo papà Valentino. E nemmeno alludendo al proprio smarrimento per aver perso di colpo, a soli sei anni e mezzo, anche colei che riteneva essere la propria mamma (la nuova compagna del capitano granata) con cui viveva felice a Torino. Rivolge parole di gratitudine e ammirazione alla propria madre naturale, Emilia, per la tenacia con cui era riuscita a riportarlo a casa col fratellino Uccio e le nonne, dopo varie peripezie e battaglie legali. La sua definitiva famiglia era molto povera, ma laboriosa e fiera. Non c’è traccia di note lamentose e rivendicative, nè tantomeno di favoritismi pretesi perché figlio del grande Valentino Mazzola, così prematuramente scomparso. Anzi, un cognome tanto importante costituirà quasi un problema per Sandro. Il quale non cade nemmeno nell’enfasi o nella retorica auto celebrativa parlando delle proprie gesta sportive: non si è mai totalmente abbattuto nelle difficoltà né si è troppo esaltato per i trionfi e i successi. La sua vita è qui presentata con la sincera oggettività dei fatti e la partecipazione controllata delle emozioni. Sia quando deve elencare le tante persone che nel corso degli anni lo hanno incoraggiato, stimolato, apprezzato; sia quando deve menzionare chi lo ha ostacolato, gli ha creato problemi, non ha mantenuto la parola o gli ha girato le spalle. “Mazzolino” non recrimina, non ha parole di giudizio o di condanna nei riguardi di nessuno: solo stupore e incredulità di fronte a tradimenti e inspiegabili voltafaccia. Un’espressione significativa ritorna, a margine e a commento degli episodi presentati: «… questa è stata una lezione di vita che ho fatto mia: mi è servita o mi servirà…». L’intero libro è una testimonianza dell’equilibrio (e in fondo della saggezza) di uno dei più forti calciatori italiani di tutti i tempi.  

Lungimiranza.

Nel testo si trovano cenni significativi sulle iniziative promosse e gestite dal “Baffo” interista, sia quando era in attività agonistica che da consigliere delegato. Come la fondazione del Sindacato Calciatori, insieme a Gianni Rivera e all’avvocato Sergio Campana, per la tutela dei professionisti di tutte le categorie, anche quelle minori; oppure la creazione di una propria agenzia pubblicitaria, avendo compreso in anticipo l’importanza degli sponsor nel mondo del calcio. Da dirigente si è rivelato coraggioso e dinamico con campagne acquisti intelligenti e indovinati colpi di mercato. In questa veste ha stupito soprattutto per la caparbietà con cui è riuscito ad allargare i confini del “fenomeno calcio” (spettacolo, mercato e business) esportandolo nella lontana Repubblica Popolare Cinese, allora piuttosto impenetrabile e misteriosa. Il volume, pur raccogliendo una serie infinita di episodi – amicizie, rapporti di stima, incomprensioni – non indulge al gossip: Sandro Mazzola non vuole offrire scoop, fare del sensazionalismo o sollevare polveroni (come in precedenza era accaduto per la discussa pubblicazione del fratello Ferruccio). Resta la curiosità di una sua riflessione su tematiche quali Calciopoli, il doping (dalle pastiglie di Herrera in poi…), il mondo dei procuratori, i bilanci societari o altri argomenti scottanti. Forse in alcuni casi avrebbe potuto approfondire di più, anziché limitarsi ad alcuni accenni: in fondo, dopo che aveva scelto di stare davanti alla porta dell’area di rigore, a fine carriera era anche riuscito ad entrare in quella del “grande calcio”. Avrà pur fiutato (o visto) qualcosa…

Un ricordo speciale di Sandro Mazzola.

Perché leggere Ho scelto di stare davanti alla porta di Sandro Mazzola (con Marco Civoli):

perché si ha la possibilità di conoscere un lungo periodo della storia del calcio italiano; perché l’autore ci permette di “incontrare” tante figure del mondo calcistico; perché contiene giudizi interessanti su persone e situazioni dell’ambiente.


Titolo: Ho scelto di stare davanti alla porta
Autore: Sandro Mazzola (con Marco Civoli)
Editore: Limina
Anno: 2012
Pagine: 279

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