Il Torino campione d’Italia di Gigi Radice

Potrà sembrare banale, ma la poesia la si trova spesso nell’inatteso. O forse, semplicemente, è quando meno te l’aspetti che la bellezza riesce a colpirti di più. Con Il Toro non può perdere succede proprio questo. Perché di Eraldo Pecci molti ricorderanno soltanto i simpatici ma non certo coinvolgenti commenti da seconda voce durante alcune telecronache di ormai quasi una decina di anni fa. E invece, guarda un po’ che libro ti va a sfornare. Un diario che, involontariamente, trascende la mera narrazione per sfociare nell’epica calcistica.

Un’annata fantastica.

Il contorno è la storia: stagione ‘75/‘76, il Torino, guidato in panchina da Gigi Radice, torna a vincere lo Scudetto ventisette anni dopo l’ultima volta. Ventisette anni dopo Superga. E chissà quando riaccadrà di nuovo… Pecci, che di quella squadra era cuore, motore e cervello in mezzo al campo, porta i lettori tra le pieghe di quella cavalcata, raccontandone i momenti più importanti, ma soprattutto le emozioni e le alchimie. Lui, che era giunto nella cupa Torino l’estate prima dalla grassa Bologna, ceduto a sua insaputa. Ma è proprio sotto la Mole, sembra voler dire Pecci, che ha capito come il calcio, in realtà, sia qualcosa di molto più grande di un pallone che rotola e di ventidue uomini che lo inseguono.

Da lettore a tifoso.

Difficile capire cosa renda Il Toro non può perdere un libro tanto bello. Forse il fatto che l’autore, per una volta, non scinde il campo dalla vita. Tutto è sullo stesso livello: sono sullo stesso livello la scoperta del suo passaggio ai granata arrivata ascoltando un telegiornale e l’aver beccato la fidanzata che ballava stretta a un altro ragazzo; sono sullo stesso piano la gioia per un gol fondamentale nella corsa allo scudetto e il divertimento con i compagni per le strade di Torino. Tutto è calcio, tutto è vita. Ed è la semplicità con cui Pecci lo racconta che porta il lettore ad essere suo complice, confidente, amico. Pure tifoso, perché è difficile arrivare all’ultima pagina e non gioire insieme ai sessantacinquemila granata del Comunale.

I momenti perfetti.

In un articolo apparso su Toro News, la giornalista Maria Grazie Nemour ha raccontato di un suo incontro fortuito con Eraldo Pecci. Giustamente, da tifosa, Nemour ha chiesto a Pecci come mai il Toro non sia più riuscito a toccare le vette del ‘75/‘76. Non per forza lo Scudetto, ma almeno il sogno di poterselo giocare. L’ex metronomo, allora, ha sorriso e ha risposto: «Forse non fanno abbastanza gavettoni». Per poi aggiungere: «Capitano dei momenti perfetti nella vita, dove ogni cosa è giusta e serve, anche la sconfitta. E tu la lezione la capisci, impari, migliori. Capitano dei momenti in cui le persone trovano un equilibrio stando insieme, e tutte vogliono fare parte del gruppo perché ne avvertono la grandezza. In quei momenti lì, succede. Succede che il Toro non può perdere». Capite la poesia? Capite la bellezza?

Perchè leggere il Toro non può perdere di Eraldo Pecci:

Perché il calcio diventa racconto semplicemente con un abile narratore ed una squadra fuori dal normale.


Titolo: Il Toro non può perdere. La magica stagione ‘75-‘76
Autore: Eraldo Pecci
Data di pubbl.: 2014
Casa Editrice: Bur Rizzoli
Pagine: 285

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