Il pilota inglese racconta il primo anno in Formula 1

«A cinque anni, per il mio compleanno, mi regalarono la mia prima auto telecomandata. Ricordo bene quando inserirono le pile nella macchina. La feci correre su e giù per il corridoio, poi la provai anche all’esterno. Mi piaceva tantissimo. Penso che sia stato quello il principio di tutto. Da quel momento, le auto divennero la mia ossessione». Sì: anche Lewis Hamilton, super campione della Formula 1, è stato un bambino che giocava con le macchinine. Solo che non ha più smesso: prima è passato ai go-kart, poi alle auto da corsa e quindi alla classe regina. E tra le quattro ruote della sua Mercedes è diventato indiscutibilmente il più bravo di tutti. Non solo: di vittoria in vittoria, un traguardo dopo l’altro, il pilota inglese si è trasformato in un personaggio pubblico di una certa influenza. Tanto che Sportweek, celebre settimanale della Gazzetta dello Sport, è arrivato a definirlo come “Il nuovo Muhammad Alì”. A maggio 2020, quasi un po’ in sordina vista la grandezza del soggetto, è arrivato anche in Italia il libro scritto da Hamilton, che s’intitola La mia storia (Edizioni Mare Verticale, da segnalare pochi errori di stampa).

Rookie.

Nel prologo il pilota scrive: «Spero che sia un libro stimolante per chi vuole conoscermi meglio e sapere qualcosa in più sul modo in cui sono approdato alla Formula 1». Hamilton dunque non ci parla dei successi, dei record, dei contratti multimilionari, ma della sua stagione da debuttante (“rookie”). Era l’anno 2007 e Lewis approdò nel magico mondo della F1 come un ventunenne pieno di talento e speranze. Fin dalla prima gara in Australia sorprese tutti, ma non fu lui a vincere quel Gran Premio né quel campionato. Non è strano? Una leggenda come lui avrebbe potuto parlarci dei suoi sette (!) titoli mondiali. Oppure del primo trionfo in assoluto, quello del 2008. O dell’astinenza successiva, perché non dimentichiamo che Hamilton non è sempre stato il dominatore della categoria; dopo quel 2008 ci sono voluti altri sei anni per ritrovarlo davanti a tutti. Insomma, accingendosi a pubblicare un libro il britannico aveva tanta carne al fuoco. Eppure si è “limitato” a ripescare il diario della sua prima annata, non prima di averci illustrato le origini del suo percorso al volante.

Cerbiatto.

Perché questa scelta? Forse Lewis, sempre in cerca di stimoli e mete da raggiungere, aspetterà la fine della carriera per scrivere un’autobiografia completa. In questo caso invece decide di mostrarsi come uomo più che come pilota. Le parti di testo più profonde sono quelle che riguardano i legami, familiari e lavorativi: il padre, il fratello, il mentore Ron Dennis… Anche Fernando Alonso, suo ex compagno alla Mercedes nella classica situazione da “due galli in un pollaio”. Le parti tecniche, i racconti di gare e Gran Premi, scorrono via più velocemente: Hamilton si preoccupa di esporre i propri lati caratteriali, nonché i valori che lo hanno spinto ad agire nelle diverse situazioni. Il libro che ne scaturisce non è di quelli travolgenti o indimenticabili; ma è di certo interessante soprattutto considerando l’Hamilton adulto, il campione che in tv appare così vincente e per certi versi impenetrabile. È bello riscoprire che persino lui è stato una “matricola” dagli occhi timidi e curiosi, un cerbiatto in mezzo ai leoni. È questa la parte più personale della sua storia. Tutto il resto, in fondo, è già storia…

Perché leggere La mia storia di Lewis Hamilton:

per tornare alle origini di un mito della Formula 1; per rivivere un’appassionante annata sportiva; per conoscere più da vicino Lewis Hamilton.


Titolo: La mia storia
Autore: Lewis Hamilton
Editore: Edizioni Mare Verticale
Anno: 2020
Pagine: 238

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