Ford, Ferrari e la battaglia per la gloria

«Una strada di campagna di 14 chilometri, stretta, il fondo è irregolare, difficilissimo. Le curve ti portano fuori, non ci sono barriere. E devi farle per 24 ore, anche di notte. Per metà gara guidi al buio, non vedi un cazzo. Le macchine spuntano fuori dal nulla. I piloti vanno avanti alla cieca. Pozze di sangue, magari è quello del tuo amico, magari ha preso fuoco. Sei a pezzi, affamato, non ti ricordi il tuo nome, dove sei. E improvvisamente ti rendi conto che stai andando a 320 all’ora, e se qualcosa va storto è finita, non c’è niente da fare»


Paradiso e inferno.

Parole e musica del pilota Carroll Shelby, interpretato da Matt Damon in Le Mans ’66. La grande sfida. Il film del regista James Mangold è arrivato in Italia a fine 2019, assieme al libro da cui prende spunto: Le Mans. La sfida del secolo scritto da A.J. Baime, giornalista americano classe 1971. La 24 Ore di Le Mans è il paradiso e l’inferno delle gare automobilistiche: si corre nella città francese dal 1923 ed impegna i partecipanti per un giorno intero. Negli anni Sessanta la corsa fu teatro dello scontro tra due colossi dell’asfalto: l’americanissima Ford di Henry II, potenza rampante alla conquista del mercato e l’italianissima Ferrari del Commendatore Enzo, inimitabile impresa artigiana.

Ford e Ferrari.

La Ford non era nata per le gare sportive, la Ferrari esclusivamente per quelle. E negli anni Sessanta chi più vinceva meglio vendeva. Fu così che Henry Ford II, figlio e nipote d’arte, decise di gettarsi nella mischia con l’obiettivo di spodestare i dominatori di Maranello. Il libro di A.J. Baime ricostruisce per filo e per segno la marcia di avvicinamento al duello finale (18-19 giugno 1966), tracciando un profondo quadro storico-sportivo. I veri protagonisti rimangono i due boss, Henry II ed Enzo Ferrari: vengono introdotti per primi e ritornano a intervalli regolari, si sfiorano ma non s’incontrano mai se non per interposte persone. Quanto ai rispettivi schieramenti, Ford sguinzagliò in prima linea il dirigente Lee Iacocca, l’ingegnere Roy Lunn e una strana coppia d’attacco con il costruttore Carroll Shelby, vincitore a Le Mans nel ’59, e il guidatore Ken Miles. Per la squadra italiana i nomi da ricordare sono Eugenio Dragoni e Franco Gozzi, braccio destro e sinistro di Ferrari, più i piloti Phil Hill e John Surtees, due miti del Cavallino. Altri profili emergono nitidi dal minuzioso resoconto dell’autore, che ha fatto incetta di testimonianze intervistando molti dei diretti interessati.

Libro e film.

Baime fa vibrare fatti e personaggi con una narrazione asciutta, molto incisiva, tecnica quando serve e raramente dispersiva. Tra le righe l’autore scoperchia questioni collaterali ma non meno importanti: dove nasce il mito della velocità? Perché sfidare continuamente i limiti di tempo e spazio? Cosa rappresenta l’automobilismo per i suoi adepti? La cronaca nuda e cruda, spesso insanguinata, indirizza questi temi ricostruendo la storia della macchina da corsa, vera e propria croce e delizia per l’uomo moderno. E rispetto al film? Il paragone con l’opera scritta è esercizio avventuroso, per forza di cose la pellicola restringe l’orizzonte e seleziona maggiormente i personaggi. Il regista americano punta sulle figure di Shelby (Damon) e Miles (Christian Bale) e crea un antagonista “interno” in Leo Beebe, dirigente Ford che nel libro appare meno conflittuale. Il vero nemico, la Ferrari, resta sullo sfondo. Il film inscena solo un segmento dell’opera di Baime ma contribuisce ad enfatizzare personaggi storici e una rivalità che ha fatto la storia, non solo dello sport.

Perché leggere Le Mans. La sfida del secolo di A.J. Baime:

perché è un’inchiesta giornalistica di alto livello; perché fa parlare fatti e protagonisti; perché è un grande libro di storia e di sport.



Titolo:
Le Mans. La sfida del secolo
Autore: A.J. Baime
Editore: Sperling & Kupfer
Anno: 2019
Pagine: 290

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