La sconfitta più clamorosa della storia del calcio

Recensione di Alessandro Giuntini


«Con una sola papera il portiere rovina una partita o perde un campionato, e allora il pubblico dimentica immediatamente tutte le prodezze e lo condanna alla disgrazia eterna». Queste parole dello scrittore uruguagio Eduardo Galeano sembrano cucite su misura per Moacyr Barbosa, primo portiere di colore della Seleçao e grande campione del Vasco da Gama degli anni ’40, la cui beffarda vicenda è raccontata nel libriccino L’ultima parata di Moacyr Barbosa (Mondadori, 2005) dal noto giornalista italiano di origine brasiliana Darwin Pastorin. Poco più di 90 pagine – si legge in una sera – scandite da una dozzina di racconti di persone (e anche personali) in qualche modo legate al ricordo di quel maledetto 16 luglio 1950.

Contro ogni pronostico.

Siamo allo stadio Maracanã di Rio de Janeiro. Si gioca l’atto conclusivo della Coppa Rimet (l’odierna Coppa del Mondo). Il Brasile è il paese ospitante, e i brasiliani stanno vivendo da mesi un’attesa febbrile per quella che dovrebbe essere l’incoronazione della propria nazionale di calcio a campione del mondo (dai media e dalle istituzioni è data come una cosa scontata, anche perché al Brasile basta un pareggio per ottenere il trofeo). La Seleçao, con una formazione fortissima, affronta l’Uruguay delle leggende Schiaffino e Varela, di fronte a 220mila paganti, numeri da Colosseo nell’antica Roma. A poco più di 10 minuti dalla fine il risultato è 1 a 1. Al 79esimo però, l’ala destra della Celeste Ghiggia penetra nell’area brasiliana, cerca di passarla in mezzo ma sbaglia e gli esce fuori un rasoterra dritto in porta. Barbosa, che è il portiere titolare, pensando a un cross prova un’uscita, ma la palla gli passa alla sinistra e si insacca in rete. La folla biblica che accalca gli spalti è ammutolita e regna un silenzio assordante. Nove minuti dopo la partita finisce, il Brasile ha perso 2 a 1 e l’Uruguay è campione del mondo per la seconda volta nella sua storia.

Maracanazo.

Tutt’oggi i Brasiliani considerano questa sconfitta (nota con il nome di Maracanazo) come la più grande vergogna della loro storia sportiva (anche più del recente 7-1 subito contro la Germania nelle semifinali dei mondiali brasiliani 2014), e non solo, dato che in seguito a questa finale la nazione registrò molti casi di «suicidi, persone impazzite, depresse, incapaci di superare quel trauma». Un «delirio collettivo» che «aveva contagiato una popolazione come un virus» e a causa del quale, da quel giorno, Barbosa venne emarginato e considerato il capro espiatorio della disfatta. Anche decenni dopo la finale, camminando per strada o al supermercato, sarà additato come «quello che ci ha fatto perdere la Coppa. Porta sfortuna». «In Brasile la pena più lunga per un crimine è 30 anni di carcere. Io da 43 anni pago per un crimine che non ho commesso», furono le sue parole quando, ancora nel 1993, eliminatorie per USA 1994 in corso, andò in visita ai giocatori della Seleçao in ritiro, ma gli fu vietato l’ingresso.

Un sogno.

Pastorin rende omaggio a questa vittima del calcio con racconti brevi ma intensi, che parlano di speranze, illusioni e caduta, tentando una sorta di riabilitazione post mortem di un grande calciatore (perse un mondiale, ma vinse 1 Copa America e 6 Campionati Carioca). Suggestivo e commovente il sogno del giornalista, di vedere un giorno lo stadio Maracanã intitolato proprio a lui che ci morì per la prima volta.

Perché leggere L’ultima parata di Moacyr Barbosa:

per scoprire un’importante pagina di sport del secolo scorso e la vicenda drammatica di uno dei suoi protagonisti.



Titolo:
 L’ultima parata di Moacyr Barbosa
Autore: Darwin Pastorin
Editore: Mondadori
Anno: 2005
Pagine: 92

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