La vita privata e la malattia di Sinisa Mihajlovic raccontate da sua figlia

La verità su questo libro è già scritta alla terza pagina, in piccolino, lì dove difficilmente cade l’occhio poiché sono solitamente riportate le informazioni editoriali: «A cura di Gabriele Parpiglia. L’Editore ringrazia la redazione della trasmissione Verissimo per la preziosa collaborazione». E infatti Sinisa, mio padre (pp. 206, Sperling & Kupfer, 2020) di Viktorija Mihajlovic è una sorta di monologo a un programma televisivo a metà strada tra l’attualità e il gossip, messo giù in forma di “flusso di coscienza” dalla 23enne figlia del tecnico serbo ma privo di grande profondità, sia narrativa che psicologica. La mano di Parpiglia, giornalista di cronaca rosa e autore di programmi tv della galassia Mediaset (da L’Isola dei Famosi a Tiki Taka, passando per Verissimo appunto), si percepisce nella stucchevolezza che ammanta buona parte del libro e che portano il lettore a picchi glicemici che neppure i cari vecchi Harmony.

Tre libri in uno.

Va detto, a onore del vero, che non tutte le 206 pagine presentano gli stessi difetti. Anche perché il libro vero e proprio, quello scritto da Viktorija Mihajlovic, finisce già a pagina 88. Da pagina 89 a pagina 123, poi, viene riprodotto integralmente il testo dell’intervista che Sinisa Mihajlovic rilasciò il 18 gennaio 2020 a Verissimo e nella quale parlò della sua malattia (fil rouge anche della “sezione” di libro scritta da Viktorija, seppur ci siano diversi excursus legati al Mihajlovic padre). Infine, l’ultima parte di Sinisa, mio padre ripercorre l’intera carriera calcistica dell’attuale tecnico del Bologna e il testo (come precisato) è «a cura dell’Editore». Non si sa chi l’abbia scritto, ma francamente poco conta: si limita alla superficie in un susseguirsi di risultati, gol, success e sconfitte senza mai andare a fondo dei “casi” che, sia in positivo che in negativo, hanno costellato la carriera calcistica di Mihajlovic, personaggio spigoloso dal punto di vista mediatico e dal carisma affascinante.

Troppa emotività.

Data la frammentazione del libro, diventa francamente difficile darne un giudizio omogeneo. La parte che può maggiormente interessare l’appassionato è forse la centrale, dove Mihajlovic in prima persona racconta come ha vissuto i difficilissimi mesi di lotta alla leucemia, il cammino medico ma anche quello interiore intrapreso, che lo ha portato anche a cambiare, per certi versi, alcuni lati di sé. Nella parte di libro scritta dalla figli ci sono diversi spunti che, se fossero stati maggiormente sviluppati dal punto di vista narrativo, avrebbero potuto sicuramente innalzare di molto il livello. Invece ciò non avviene, purtroppo. La volontà di stuzzicare l’emotività del lettore porta a un prolisso ripetersi di termini quali «cuore» e «amore», di frasi come «ti amo» e «grazie papà». Che ci starebbero anche se non affogassero tutto il resto, cosa che invece accade.

Un’opera bidimensionale.

Ovviamente, del lato sportivo resta poco o nulla (escluse le ultime ottanta pagine, comunque abbastanza povere). Il che non è per forza un problema: come detto, Mihajlovic è un personaggio dal tale carisma che potrebbe benissimo reggere un’opera non per forza incentrata sul pallone, a patto che si vada realmente a fondo della “iconografia” del personaggio. Per dire: delle sue posizioni politiche (riguardo alla Serbia e alla ex Jugoslavia) non c’è scritto nulla praticamente. Eppure, negli anni, Mihajlovic ne ha spesso parlato. Gli spigoli del personaggio si fermano alla severità educativa verso i figli e alla durezza sentimentale, smussati dalle parole al miele in cui vengono immersi. Sinisa, mio padre risulta così un libro bidimensionale, incapace di andare oltre a una puntata di Verissimo. La quale, per lo meno, è aiutata dal supporto delle immagini. Qui non ci sono neppure quelle.

Perché leggere Sinisa, mio padre:

personalmente, non lo consiglio.



Titolo:
Sinisa, mio padre
Autore: Viktorija Mihajlovic
Editore: Sperling & Kupfer
Anno: 2020
pagine: 206

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