L’autobiografia spirituale dell’eroe di Berlino 1936 


Peccato per il titolo, fuorviante. Peccato, perché L’uomo che sconfisse Hitler, autobiografia spirituale di Jesse Owens scritta a quattro mani con Paul Neimark (Piano B Edizioni, 2019, 140 pp.), è un grande libro. Ma il titolo non gli rende giustizia, poiché porta a pensare di avere a che fare con un epico racconto di come l’atleta nero umiliò il dittatore nazista in casa propria (cosa che, nonostante la vulgata, non avvenne). E invece il testamento spirituale di Owens è molto di più. Hitler centra poco o nulla, e il lettore si dimentica molto velocemente delle medaglie vinte dal protagonista, perché c’è da immergersi in una vita che tiene col fiato sospeso.

Povertà e amicizia.

L’infanzia poverissima in Alabama e l’esistenza post Berlino sempre ai limiti dell’indigenza: è una vita drammatica quella di James Cleveland Owens. Una vita sempre di corsa, ma dove non basta il talento di madre natura per avere la meglio, tra razzismo, truffe subite, debiti e angosciosa ricerca di un lavoro. Le Olimpiadi sono un intermezzo nella vita di J.C. (che lo slang trasforma in Jesse), un momento bellissimo e indimenticabile, per le medaglie certo, ma anche per la nascita dell’amicizia con il suo avversario tedesco Luz Long, un’amicizia commovente che durerà fino alla prematura morte al fronte di quest’ultimo. Ma c’è il prima e soprattutto c’è il dopo quei quattro ori a cinque cerchi conquistati in terra germanica. Ed è un dopo durissimo, come la vita di qualunque afroamericano nell’America degli anni Quaranta, Cinquanta e Sessanta.

Conversione.

Servono a poco gli allori olimpici quando c’è da rimanere in piedi nel dramma quotidiano, e Jesse si aggrappa a tutto quello che può, infine anche e soprattutto alla fede. E in fondo la storia che racconta è la storia di una conversione. «Dio non ci lascia mai. Siamo noi che lo abbandoniamo» scrive Owens, ed è una frase che può essere presa come filo conduttore del libro, con il protagonista che dimentica quella fede trasmessagli in gioventù dai genitori, la abbandona, la cerca ma allo stesso tempo la allontana, e infine la ritrova. Tra le pagine torna in continuazione la sua relazione con Dio, persino nel rapporto con Luz Long la fede è centrale, dal primo momento di quell’amicizia in cui Owens identifica il tedesco come un messaggero di Dio, fino all’ultima lettera prima di morire in cui l’amico racconta della sua conversione.

L’Olimpiade della vita.

Pubblicata per la prima volta negli Stati Uniti nel 1978, questa autobiografia spirituale (che si differenzia da una prima autobiografia pubblicata da Owens nel 1970 dove si dedicava maggior spazio alle vicende sportive) arriva in Italia dopo oltre quarant’anni, e per questo va elogiata l’iniziativa dell’editore Piano B. Le 140 pagine dell’opera portano dentro la testa ed il cuore di Jesse Owens, e il lettore si ritrova a vivere le emozioni del campione come fosse lì con lui. I pensieri al momento di gareggiare alle Olimpiadi; l’umiliazione provata nel diventare un fenomeno da baraccone quando pur di sbarcare il lunario accettò di correre contro i cavalli; il sentimento di amore verso i genitori, le figlie e la moglie Ruth. È un viaggio, o forse sarebbe meglio dire pellegrinaggio, tra le speranze e le (dis)illusioni di un uomo che aveva capito che «la vita – la vita interiore – è la vera Olimpiade».

Perché leggere L’uomo che sconfisse Hitler di Jesse Owens:

perché è molto più difficile vincere la sfida quotidiana della vita che conquistare quattro ori alle Olimpiadi.


Titolo: L’uomo che sconfisse Hitler
Autore: Jesse Owens con Paul Neimark
Editore: Piano B Edizioni
Anno: 2019
Pagine: 140

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