L’autobiografia del grande ciclista slovacco


Perché così serio?

Questo non è un libro travolgente ma che tiene compagnia, quindi un po’ dispiace quando, scollinate le 230 pagine, si giunge alla linea del traguardo. Oltretutto l’autobiografia di Peter Sagan, diffusa in Italia da Mondadori nel 2018, comincia in trionfo e si chiude in tragedia, il che può già suggerirci qualcosa sulla sensibilità dell’autore. La frase più gettonata all’interno del testo è una citazione del Joker, folle antagonista nei film di Batman: «Why so serious?, Perché così serio?» Sagan se l’è anche tatuata addosso, ma sarebbe sbagliato interpretare questo motto come un semplice indicatore di goliardia o superficialità. Il racconto non ripercorre per filo e per segno tutta la vita del protagonista, ma è diviso in tre blocchi dedicati alle annate in cui Sagan si è laureato e poi confermato campione, ai Mondiali di ciclismo su strada.

Tanta Italia.

2015, Richmond (Virginia, costa Est degli Stati Uniti); poi 2016, nel deserto qatariota di Doha e infine nel 2017 a Bergen, vicino ai fiordi più a Sud della Norvegia. Campione iridato, tre volte di fila: non era mai successo prima. In ciascuno dei tre capitoli, Sagan infila paragrafi più personali che ci permettono di esplorare un po’ più da vicino la sua forma mentis. Particolare risalto viene attribuito al Team Peter, quel nucleo più ristretto di persone che stanno dietro le quinte del grande campione. Potremo scoprire con una punta d’orgoglio che l’Italia gioca un ruolo da protagonista in questa storia, non solo perché la prima squadra professionista di Sagan, la ex Liquigas (oggi Cannondale), fosse tricolore. Italiani sono anche due dei riferimenti principali di Peter: Giovanni Lombardi, detto il “Lomba”, ex ciclista poi divenuto manager, “il migliore su piazza” secondo il suo celebre assistito; e poi Gabriele Uboldi, l’addetto stampa che “mi impedisce di mettermi nei guai e mi fa vincere le gare”.

Momenti clou.

Sagan dedica tante righe ai suoi angeli custodi, così come agli altri membri del suo team tra cui anche il fratello maggiore Juraj, ciclista pro come lui. Le sezioni più tecniche invece ci riportano in sella con il grande campione, non solo ai mondiali ma anche alle Olimpiadi di Rio 2016, in cui lo slovacco si riconsegnò ad un vecchio amore, oppure alla Parigi-Rubaix 2017 in cui sfatò il tabù di quello storico pavé. Per chi non è appassionato di ciclismo, il linguaggio utilizzato potrebbe non risultare sempre chiaro, ma le emozioni di alcuni momenti topici sono rese con efficacia (anche se a volte, ed è tipico dei più grandi, sembra tutto così semplice!). Affiancato dallo scrittore John Deering, Sagan si rivela un narratore coinvolgente, forse non molto approfondito ma gradevole. Di compagnia, come si diceva. Rivivendo anche alcune curve buie della sua parabola, potrete valutare meglio il valore di quel Perché così serio?, in apparenza così spensierato, e scoprire quanto il protagonista del libro sia distante dal pagliaccio che l’ha ispirato.

Perché leggere My World di Peter Sagan:

per avvicinarci ad uno dei migliori interpreti del ciclismo moderno; per rivivere e riapprezzare in presa diretta alcune delle sue gare migliori.



Titolo:
My World
Autore: Peter Sagan (con John Deering)
Editore: Mondadori
Anno: 2018
Pagine: 233

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