Il più grande mountain runner del mondo si racconta


Passione.

Il libro dello scialpinista e scalatore Kilian Jornet, titolato Niente è impossibile, ha il pregio d’illustrare bene una passione: quella del protagonista per la montagna estrema. Noialtri “fessacchiotti” possiamo chiederci: cosa può spingere una persona a rischiare la vita – non un osso, un muscolo, un’idea, ma proprio tutto il pacchetto – per raggiungere una vetta innevata? Un panorama che lascia a corto di aggettivi, se non addirittura di respiri? Oppure ci sono motivazioni più profonde? Si dice che il mondo è bello perché vario e certamente ogni uomo tende a selezionare i suoi interessi. Jornet, nato in provincia di Barcellona nel 1987, ha deciso in fretta da che parte stare: un po’ per caso e un po’ per desiderio ha fatto delle montagne una ragione di vita. Cresciuto in un rifugio per sciatori e rapidamente abituatosi all’alta quota, ha trovato tra i boschi e le aspre rupi dei monti un luogo in cui scoprire e scoprirsi continuamente, cogliendo sempre nuove opportunità d’esercizio forte anche di un innato spirito competitivo: «Adoro allenarmi. Anni e anni di fatica fisica, vivendo quasi in astinenza, nell’attesa del momento giusto, e fugace, che dura il tempo di un respiro».

Competizione.

Ad ogni nuova scalata, Jornet torna ad offrire corpo e mente all’amata montagna, ma non è solo nell’estremità delle imprese che bisogna ricercare la sua anomala dedizione. Raccontandosi, il catalano ci parla delle privazioni fisiche e sociali cui si è sottoposto fin dall’adolescenza, quando piuttosto che uscire a ballare con gli amici preferiva mettersi alla prova con un digiuno prolungato. Perché? Per diventare il mountain runner migliore del mondo? Forse non basta, soprattutto pensando che in un paio di occasioni il nostro ha seriamente rischiato di lasciarci le penne, lassù dove il gelo si fa un baffo dell’ambizione individuale. Ci dev’essere dell’altro, qualcosa che trascenda il contorno sportivo. Sentite qua: «Avrei voluto che quell’istate fosse eterno, libero da tutti i pensieri, che la mia unica preoccupazione fosse respirare, la testa sgombrata dall’ebbrezza dell’altitudine». Ognuno scelga il suo nordest dell’Everest (un lungomare illuminato, un campo di calcio, un letto matrimoniale…) e si auguri un istante del genere.

Motivazione.

La passione di Jornet, per come emerge dal libro, si nutre di traguardi da raggiungere ma in essi sembra cercare qualcosa di più, un appagamento che sulla cosiddetta “terraferma” fatica a trovare appigli. Poi certo, c’è la natura con le sue isterie e in tal senso fa specie pensare che tante persone, come il catalano, collochino la propria comfort zone sulle più impervie pareti montuose, persino quelle dell’Everest. Niente è impossibile, non sempre coinvolgente ma sempre ben scritto, vi porterà proprio là senza bisogno d’indossare piccozze e ramponi. Forse arriverete in tempo per il tramonto: «Il cielo passava dall’azzurro a una tonalità quasi traslucida, turchese, e poi si tingeva di giallo, di arancione e, alla fine, quasi esplodendo, di un rosso penetrante prima di svanire nell’oscurità di un blu quasi nero, dopo un breve ma intenso stadio porpora». C’è tutta la tavolozza: non succede in molti libri di sport.

Perché leggere Niente è impossibile di Kilian Jornet:

per conoscere meglio lo sci e la corsa alpine; per approfondire il rapporto tra uomo e montagna; per “vedere” la cima dell’Everest e non solo.


Titolo: Niente è impossibile
Autore: Kilian Jornet
Anno: 2019
Editore: Solferino
Pagine: 248

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