La biografia di un ossimoro vivente: straordinario in campo, ordinario nella vita

Ci sono personaggi ed eventi che si prestano meglio alla narrazione moderna. E, solitamente, si tratta di personaggi ed eventi non lineari, spigolosi, caotici. Recentemente, la critica letteraria Parul Sehgal, sul New Yorker, ha spiegato bene questa “deformazione” letteraria, analizzando come il trauma sia ormai diventato una sorta di cliché alla base di quasi tutte le narrazioni. Secondo Sehgal, il trauma è diventato il punto di partenza di ogni trama, di ogni indagine psicologica sul personaggio. L’evento di rottura dell’ordinario diventa elemento che contraddistingue, che spezza la normalità, aprendo le porte dell’inesplorato e del non raccontato.

Tutto questo per dire che è molto più facile (ma non per questo banale) raccontare certe storie e certe personaggi se, nei loro sviluppi esistenziali, si identificano dei punti di rottura, dei traumi identificativi. Ed è per questo che è particolarmente apprezzabile ciò che ha fatto Gianni Montieri in Andrés Iniesta, come una danza (pp. 181, 66thand2nd, 2021), ovvero raccontare, esplorare e indagare un personaggio che è quanto di più lontano esista dall’immagine stereotipata del genio folle, del talento scaturito da un trauma.

La ricerca dell’ordine.

Montieri, che è una penna delicata e pulita, mette subito le cose in chiaro: in un mondo caotico, Iniesta è un eroe sui generis alla costante ricerca dell’ordine. Solo che lo fa attraverso un’estetica abbacinante, che non può che irretire e conquistare. Iniesta è un uomo dall’intelligenza sentimentale superiore, sembra dire l’autore, e per questo fuori dall’ordinario. In campo così come nella vita: da una parte illumina con giocate di una linearità estetica incredibile; dall’altra è invece un soggetto all’apparenza così “normale” che difficilmente si noterebbe, un antidivo che, in un mondo di divi, spicca perché ossimoro vivente.

La croqueta.

Lo stile narrativo scelto da Montieri tende a sottolineare questo doppio binario esistenziale di Iniesta. E lo fa riproponendo su pagina il marchio di fabbrica calcistico del talentuoso ex simbolo del Barcellona: la croqueta, il rapidissimo passaggio del pallone da un piede all’altro con cui, in campo, rubava tempo e spazio agli avversari. Montieri passa dalla terza alla prima persona con la stessa rapidità: in una pagina parla lui, in un’altra lo stesso Iniesta (sebbene non realmente). E così il lettore viene spiazzato ma anche coinvolto. Superato, ma conquistato.

Equilibrio perfetto.

Il libro parte dall’Iniesta bambino e arriva all’addio del giocatore al Barcellona. Di mezzo, la sua vita calcistica: i giorni nella cantera blaugrana, le amicizie inossidabili strette in quegli anni passati alla Masìa, i successi in Catalogna e con la Nazionale, i gol e gli assist decisivi. Il tutto, intervallato dalle immaginarie pagine di un diario di Iniesta che, dopo gli anni d’oro in Spagna, ha scelto una sorta di esilio calcistico in quel del Giappone. I flashback e i rimbalzi temporali non stancano, sono saggiamente bilanciati e Montieri, con il suo stile, è sempre bravo a tenere il lettore in gioco con una leggerezza che rappresenta, in qualche modo, il senso estetico del gioco di Iniesta. Anche nelle pagine più dure, ovvero quelle in cui racconta lo sprofondo emotivo in cui cadde l’Illusionista (mai soprannome fu più azzeccato) dopo la tragica morte dell’amico Dani Jarque.

Manca il gol.

Resta, però, una debolezza di fondo in Andrés Iniesta, come una danza: per quanto l’ordinarietà sia ormai diventata straordinaria, un personaggio così fatica a conquistare pienamente i cuori. Lo faceva in campo, e Montieri è bravissimo a ricreare quell’atmosfera da fiato sospeso che c’era ogni qualvolta la palla arrivava nei piedi di Iniesta, ma fuori dal campo il protagonista del libro perde un po’ di smalto, narrativamente. Manca quel trauma che sarà pure un cliché, come dice Sehgal, ma che è anche una base solida su cui costruire una trama. E infatti, sul lungo, il libro edito per i tipi di 66thand2nd perde un po’ di profondità e si appiattisce su due o tre elementi psicologici che ritornano costantemente, stancando. Sia chiaro, nessuna noia: le 181 pagine scorrono bene, ma è come se, in alcuni passaggi, mancasse il guizzo, il gol. Non è un caso, forse. Iniesta, del resto, più che un goleador era un meraviglioso, sublime assistman.

Perché leggere Andrés Iniesta, come una danza di Gianni Montieri:

per apprezzare appieno la potenza emotiva della bellezza e della normalità.


Titolo: Andrés Iniesta, come una danza
Autore: Gianni Montieri
Editore: 66thand2nd
Anno: 2021
Pagine: 181


Per leggere l’intervista all’autore di Andrés Iniesta, come una danza, clicca qui.

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