Fuori casa – Sebastian Abbot
L’Africa, il Qatar e la costruzione delle stelle del calcio
«In Africa ci sono tanti Messi».
(Pere Gratacós)
Prendete i petrodollari del Qatar, metteteli a disposizione di colui che ha lanciato Messi, e infine date a costui un bacino di 5 milioni di ragazzini da cui pescare liberamente. Parrebbe uno scenario di fantasia, invece è tutto vero. È ciò che è accaduto a partire dal 2007 con il progetto Football Dreams, raccontato magistralmente dal giornalista statunitense Sebastian Abbot nel suo Fuori casa. L’Africa, il Qatar e la costruzione delle stelle del calcio.
A caccia del nuovo Messi.
Di questo si parla nel libro, di costruzione di stelle del calcio. Attraverso un’operazione senza precedenti. I soldi ce li mette lo sceicco Jassim, appassionato di calcio che vede la sua passione frustrata da una nazionale, quella qatariota, assolutamente incapace di competere a livello internazionale. Manca il talento in casa, ma non mancano i mezzi per scovarlo altrove e farlo crescere questo talento, e allora nel 2007 ecco prendere il via Football Dreams.
Viene ingaggiato nientepopodimeno che lo spagnolo Josep Colomer, ovvero l’ex direttore della cantera del Barcellona nonché l’uomo che ha contributo più di chiunque altro a lanciare Lionel Messi. E a Colomer viene chiesto proprio di trovare i Messi che si nascondono nelle strade e nei campi sterrati del continente africano: il catalano si lancia così in una ricerca potenzialmente infinita, visionando nel corso degli anni – con l’aiuto di altri talent scout – 5 milioni di ragazzini africani e dando vita di fatto alla più grande operazione di scouting della storia del calcio.
Il Qatar nel pallone.
Il libro di Abbot è innanzitutto prezioso perché si muove tra le pieghe degli investimenti qatarioti in materia sportiva. Nel caso di Football Dreams l’obiettivo dell’emirato è triplice: rendere l’Aspire Academy, la nuovissima e futuristica accademia calcistica di Doha, uno dei settori giovanili più produttivi del mondo; trasformare il Qatar in un punto di riferimento calcistico a livello globale (ben prima che l’emirato si aggiudichi l’organizzazione del Mondiale 2022); rinforzare la nazionale attraverso la naturalizzazione di talenti africani. Ma un inasprimento delle regole riguardante la naturalizzazione di giocatori stranieri introdotto dalla FIFA nel 2008 manda parzialmente a monte i piani, e diventa di conseguenza difficile comprendere quali siano le motivazioni del progetto guidato da Colomer, che viene a quel punto presentato come un puro programma di aiuto umanitario rivolto ai giovani calciatori africani. Alla fine quel che conta sono loro, i ragazzini, selezionati all’età di 13 anni e cresciuti calcisticamente nell’accademia di Doha (alcuni) e nella filiale senegalese (la maggioranza).
Un calcio alla povertà.
A rendere eccezionale il certosino lavoro di Abbott – che per tre lunghi anni ha viaggiato tra Africa, Europa e Qatar nel tentativo di raccontare Football Dreams nella maniera più precisa e imparziale possibile – sono le storie dei ragazzini che inseguono il sogno di sfondare nel calcio che conta. In un libro che ha i contenuti del reportage giornalistico ma la forma che si avvicina al romanzo vengono narrate in particolare le parabole di Diawandou Diagne, Ibrahima Dramé e Bernard Appiah. Tre storie profondamente diverse tra loro: c’è chi ce la fa, come il senegalese Diawandou, che arriva fino alla seconda squadra del Barcellona e si afferma poi come giocatore professionista in Belgio; c’è chi arriva in Europa ma non sfonda, come il senegalese Ibrahima; e c’è pure chi nel Vecchio Continente non ci arriverà mai nonostante un talento che a Colomer ricorda da vicino quello di Messi, è il caso del ghanese Bernard. Tre traiettorie con esiti diversi ma con un denominatore comune: l’ossessione per il successo calcistico come unica via d’uscita dalla povertà. Non esiste un Piano B per questi ragazzi, disposti a tutto pur di realizzare il proprio sogno, disposti anche a falsificare i propri documenti per apparire più giovani di quelli che sono agli occhi degli scout.
Come un ago in un pagliaio.
Lo scouting è in effetti uno dei grandi protagonisti delle 254 pagine di Fuori casa, con Colomer e i suoi collaboratori confrontati con un grande interrogativo: come comprendere con un provino di pochi minuti se un ragazzo ha le potenzialità per diventare qualcuno? I criteri oggettivi utilizzati sono svariati, l’intuito ha un ruolo determinante, ma i fattori in gioco sono numerosi e sovente le scelte degli scout non si rivelano azzeccate, creando drammatica delusione tra coloro che si erano ormai convinti di avere le carte in regola per spiccare il grande salto e scoprono invece sulla propria pelle che nel loro destino non ci sarà mai il Barcellona.
Un libro straordinario.
Abbot sospende il giudizio su Football Dreams in attesa che nei prossimi anni vengano alla luce i frutti definitivi del progetto, nel quale dal 2012 è coinvolta anche la squadra belga dell’Eupen, acquistata per favorire l’ingresso nel calcio europeo dei talenti africani. Intanto però l’autore va ringraziato (così come va ringraziato l’editore per aver tradotto la pubblicazione in italiano), perché Fuori casa è un libro stra-ordinario, nel senso che esce dagli ordinari schemi della letteratura sportiva, e rivelatore: in Africa ci sono milioni di ragazzini che al mattino si alzano con il solo scopo di diventare il nuovo Lionel Messi. Non importa quanti sacrifici comporti, non importa quanti rischi si corrano, non importa quanto male farà se il sogno svanirà, non importa nulla, importa solo cambiare la propria vita a colpi di dribbling.
Perché leggere Fuori casa di Sebastian Abbot:
perché è uno dei migliori libri sul calcio pubblicati negli ultimi anni.
Titolo: Fuori casa
Autore: Sebastian Abbot
Editore: LUISS University Press
Anno: 2019
Pagine: 254