La nazionale della Polonia ai Mondiali del 1982

«I polacchi hanno dato il sostegno alla selezione di calcio intesa come il bene di tutti e non quello di chi stava al potere, specialmente quando opprimeva le istanze di libertà dello stesso popolo».
Con questa frase Stefan Bielanski, corrispondente de La Gazzetta dello sport in Polonia, si appresta a chiudere il libro sul Mondiale del 1982 della Polonia. A distanza di un anno dal libro che racconta delle gesta di Deyna e compagni al mondiale del 1974 (A ritmo di Polska), Alberto Bertolotto ci regala un’altra fatica letteraria a tinte biancorosse. Ma se il soggetto del libro è anche in questo caso il cammino svolto dalla Polonia in una grande manifestazione iridata, le analogie con il primo testo dell’autore sono grossomodo esaurite. Già perché in Polonia a cavallo tra gli anni ‘70 e gli anni ‘80 non corre solamente il pallone, corre, e lo fa velocemente, soprattutto la storia. In questo modo Bertolotto utilizza la prima parte del suo libro per raccontarci i fatti calcistici accaduti tra il 6 luglio 1974 (giorno della finale per il terzo posto vinta con il Brasile) ed il 14 giugno 1982 (quando a Vigo cominciò per la spedizione polacca il Mundial di Spagna): otto anni che hanno profondamente cambiato il paese anche da un punto di vista sociale e politico. Boniek, Wojtyla, Walesa e Jaruzelski sono solo alcuni dei personaggi che emergono in maniera dettagliata e veemente nel corso della narrazione: i ritratti dei protagonisti di quel periodo storico in Polonia denotano la drammaticità e la tensione che fa da cornice al calcio giocato dalla nazionale di Pechniczek. Nazionale che è a sua volta un soggetto ricco di ambiguità: strumento di propaganda politica positiva per il partito al governo, ma allo stesso tempo speranza per i leader dei sindacati liberi. I giocatori stessi si trovarono in una posizione assai scomoda: molti di essi infatti, seppur contrari alle modalità di repressione con la forza attuata dallo “stato di guerra” promosso da Jaruzelski, optarono per una sorta di “silenzio assenso” per salvaguardare la propria carriera professionale.

Tutti dietro a Boniek.

Non manca nel libro un attento lavoro di analisi dell’autore che ci porta all’interno delle pieghe di un gruppo di calciatori parecchio variegato (misterioso e drammatico il capitolo La banda dei quattro dedicato ad un episodio accaduto durante le qualificazioni mondiali). Lavoro supportato dalle testimonianze dei giornali dell’epoca: ai quotidiani polacchi, studiati in maniera approfondita come nel libro precedente, sono affiancate le testate giornalistiche italiane, interessate in maniera diretta alla Polonia per via di Zmuda e Boniek che nella stagione 1982-83 avrebbero militato nella nostra serie A. Boniek è per forza di cose il miglior attore protagonista della narrazione: nel bene e nel male è al centro di tutti i passaggi focali degli anni trattati da Bertolotto (dalla “deroga” ottenuta sul suo trasferimento alla Juve, fino alla squalifica in semifinale contro l’Italia). Interessanti le due interviste fatte ad Andrzej Iwan, attaccante di quella nazionale, e Roberto Beccantini, all’epoca incaricato di seguire la selezione polacca durante il Mundial, che permettono al lettore di conoscere due punti di vista molto diversi fra loro su quello che è stato un grande cammino sportivo strumentalizzato da un contesto politico destinato all’esplosione. Riuscire a dare un quadro chiaro e cristallino della situazione, tenendo assieme soggetti appartenenti a settori della società polacca così lontani tra loro, è il merito principale del libro di Bertolotto.

Perché leggere Il mundial di Karol di Alberto Bertolotto:

Perché, a costo di essere blasfemi, Boniek è il “Cruijff polacco”: in ogni momento importante della sua nazionale lo si trova!


Titolo: Il mundial di Karol 
Autore: Alberto Bertolotto
Editore: Alba Edizioni
Anno: 2018
Pagine: 160


Per leggere la recensione al libro dello stesso autore A ritmo di Polska dedicato alla Polonia ai Mondiali del 1974, clicca qui.

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