Storie di un tennis che non esiste più


Alice Marble ha vinto 18 tornei del Grande Slam tra singolare, doppio e doppio misto; è svenuta sul Centrale del Roland Garros; si è ammalata di tubercolosi; è stata sceneggiatrice per il fumetto di Wonder Woman; ha fatto la spia per il governo americano durante la Seconda Guerra Mondiale. Ha vissuto, insomma, una vita da romanzo. Quella di Alice Marble è una delle innumerevoli vite raccontate, accennate, magari solo sfiorate nel libro di Matteo Codignola, un libro che come dice il titolo – a volte i titoli grazie al cielo sono quello che dovrebbero sempre essere, esplicativi del contenuto – raccoglie Vite brevi di tennisti eminenti.

Come Mordecai Richler.

L’autore nella vita fa (anche) il traduttore, ad esempio di Mordecai Richler, uno che alla sua passione per lo sport ha dedicato pagine memorabili. Lo ha fatto attraverso Barney Panofsky e il suo fanatismo per l’hockey su ghiaccio, lo ha fatto soprattutto scrivendo Il mio biliardo, che può essere considerato un’ode allo snooker. Chissà se Codignola nel concepire la sua opera si sia ispirato a quelle 200 pagine dove Mordecai racconta la sua malattia per il biliardo; quel che è certo è che un’analogia c’è, ed anche piuttosto evidente: entrambi raccontano di uno sport che nella loro vita è diventato un’ossessione che sfiora il disagio psichico. È lo stesso Codignola ad ammettere i contorni quasi patologici della sua passione per il tennis, tanto che il libro può tranquillamente essere considerato un atto di amore a fini terapeutici.

Quando il serve & volley andava di moda.

Se alla passione ci unite una padronanza della lingua italiana fuori dal comune – perlomeno per quanto riguarda la letteratura sportiva – ecco che avete il terreno da gioco del libro uscito per Adelphi. E a scendere in campo a quel punto sono le storie di un tennis che non c’è più e che è pure stato un po’ dimenticato dalla letteratura di genere (escludendo Gianni Clerici). Storie che immaginiamo essere infinite e allora per evitare che il libro assuma una lunghezza paragonabile al primo set tra Charles Pasarell e Pancho Gonzales a Wimbledon 1969 (che per la cronaca finì 24-22 per il primo) Codignola utilizza un espediente fotografico. Sono infatti le foto trovate in un vecchio baule a dettare il ritmo della narrazione, vecchie foto d’agenzia risalenti al secondo dopoguerra. Ed è in quell’epoca che il lettore è portato a spasso. Un’epoca dove, oggi suona strano, non se ne poteva più del serve & volley di Vic Seixas, un’epoca dove Rod Laver dava del «ladro maledetto» a Ken Rosewall e dove Gussy Moran diede scandalo presentandosi a Wimbledon con un vestitino unanimemente considerato lussurioso.

Un tennis libero.

Grazie a Codignola si entra nelle dinamiche del tennis di quegli anni, dove vigeva la dicotomia tra circuito amatoriale (pressappoco quello che è oggi il circuito ATP) e circuito professionistico (dove si guadagnava bene ma non si partecipava ai tornei del Grande Slam), ma soprattutto si entra nelle vite di campioni di cui magari il lettore non ha mai sentito parlare, vite brevi ma soprattutto affascinanti, perché specchio di un tennis pervaso da un afflato di libertà, nello stile di gioco e nello stile esistenziale dei suoi protagonisti.

E se l’autore parla del tennis come di qualcosa che suscita contemporaneamente nei suo adepti due reazioni contrapposte, ovvero «il non poterne più» e «il non averne mai abbastanza», beh tali reazioni calzano a pennello nel descrivere l’esperienza di lettura di questo libro. Perché proprio quando sembra di averne abbastanza di tennisti eccentrici e rivalità stravaganti, ecco che si viene assaliti da una morbosa curiosità di sapere chi sarà il bizzarro protagonista che si cela nel capitolo successivo. E anziché chiudere il libro, si volta pagina, certi che «questa è l’ultima storia che leggo».

Perché leggere Vite brevi di tennisti eminenti di Matteo Codignola:

perché se amate il tennis non potete farne a meno, e se invece non lo amate vi si apre un mondo.



Titolo:
Vite brevi di tennisti eminenti
Autore:
Matteo Codignola
Editore:
Adelphi
Anno:
2018
Pagine:
290

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