La storia di Kobe Bryant, Shaquille O’Neal e Phil Jackson

Kobe e la compagnia degli anelli (Adriano Salani Editore, 491 pagine) parla di una squadra molto particolare, una grande storica del basket americano: i Los Angeles Lakers. Giocano nella NBA, il campionato più prestigioso del mondo, e lo hanno vinto diverse volte. Tra il 1996 ed il 2004, i gialloviola (questi i colori ufficiali del team) vissero un periodo molto intenso, con protagonisti di alto livello. Nell’estate ’96 acquistarono un giovane di grandi speranze, Kobe Bryant, e un armadio umano chiamato Shaquille O’Neal, due metri e venti per circa centocinquanta chili. Tre anni dopo la società ingaggiò un nuovo allenatore, Phil Jackson, che per ben sei volte aveva portato al titolo i Chicago Bulls del fenomeno Michael Jordan. Il giovane Bryant (poi tragicamente morto nel 2020), il gigante O’Neal (per tutti “Shaq”) e l’enigmatico Jackson sono i personaggi principali del libro scritto da Jeff Pearlman, giornalista sportivo tra i più seguiti negli USA.

Problematiche.

Un autore molto vicino a ciò che racconta e molto ben informato, avendo anche intervistato diversi ex giocatori e addetti ai lavori di quel periodo. Questo è uno dei pregi del suo lavoro: tanti fatti, tanti dettagli, tante testimonianze. La lettura scorre con pochi intoppi, condita da giudizi tecnici e considerazioni ironiche (anche un po’ cattivelle). Pearlman ci guida all’interno di quei Lakers, capaci di vincere il campionato NBA in tre annate consecutive (2000, 2001, 2002). Ma più che sulle vittorie, il libro punta l’obiettivo sui tanti problemi che quel gruppo di atleti si trovò ad affrontare. Primo fra tutti la convivenza tra le due superstar, Bryant e O’Neal. Due pianeti distanti, due rette parallele incapaci di trovare un punto d’incontro, sia in campo che fuori. Pearlman si addentra nelle profondità di entrambi, descrive i loro caratteri, i rispettivi punti deboli. Ricostruisce dialoghi, incomprensioni, litigi. E punta il dito, abbastanza chiaramente, contro Kobe Bryant.

Insistenza.

Rimarca di continuo i suoi limiti, tecnici e personali. Lo prende quasi a male parole, per bocca dei suoi tanti testimoni. Lo inchioda ricostruendo il processo che lo vide coinvolto nel 2003, con l’accusa di stupro a carico e le diverse udienze che ne seguirono. Non è la prima volta che si parla del “Black Mamba” in termini contraddittori. Anche quando giocava è stato oggetto di tante critiche, perché spesso è sembrato eccessivamente egoista, egocentrico, ossessionato dal successo in pieno stile Michael Jordan. Dal canto suo, Pearlman sembra calcare un po’ troppo la mano: in quasi ogni capitolo si torna sempre lì, alle debolezze di Bryant e alla sua presenza insostenibile per chiunque. C’è da credergli, ed è apprezzabile che il lato oscuro del campione sia esposto in maniera così documentata. Però ogni tanto viene da domandarsi: «C’era realmente bisogno di aggiungere anche questo?», oppure: «è questa la miglior chiave di lettura?». In ogni caso, il libro rappresenta un’ottima abbuffata di pallacanestro, e dunque un’occasione (nonché un bel regalo) di approfondimento per tutti gli appassionati.

Perché leggere Kobe e la compagnia degli anelli di Jeff Pearlman:

perché è un libro molto ben informato, che coinvolge direttamente tanti dei personaggi raccontati; perché ci porta dentro lo spogliatoio “bollente” dei Lakers targati Bryant-O’Neal.

Titolo: Kobe e la compagnia degli anelli
Autore: Jeff Pearlman
Editore: Adriano Salani
Anno: 2021
Pagine: 491

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