L’autobiografia del re operaio dei bomber di provincia

«Fino a 20 anni facevo il fabbro e giocavo in Prima Categoria. A 35 poi ho vinto il titolo di capocannoniere in serie A. Col Piacenza, mica con la Juve. Il tutto senza rinunciare mai ai piccoli piaceri della vita. In fin dei conti è una e per quanto possibile va goduta».


Diciamoci la verità: prima Calcutta con la sua canzone nel 2018 e poi questo libro ci hanno riportato indietro nel tempo, ad un calcio romantico che ormai non c’è più. Ed il testo autobiografico, scritto da Hübner assieme al giovane Tiziano Marino, è un viaggio in periferia, ai confini del calcio luccicante e milionario delle big. Ma attenzione: non immaginatevi la periferia sconfinata dove gli indiani sioux scorrazzavano inseguiti dai cowboy che il nome Tatanka potrebbe evocare. Infatti, nonostante il retro della copertina possa far pensare questo, i luoghi indagati nel corso del libro sono il Triestino, il Cremasco, il Piacentino, il Bresciano o il Mantovano: zone industriali dove i lavoratori si sporcano le mani e si spaccano la schiena tutto il giorno in attesa di tornare alla sera dalle proprie famiglie per riposarsi davanti ad un buon piatto caldo e fumarsi una sigaretta in santa pace. Ed il soggetto in questione si avvicina molto di più a questi profili che ad un Messi o ad un Cristiano Ronaldo di oggi, piuttosto che ad un Filippo Inzaghi o ad un Vieri di quei tempi. Il nostro Bisonte è Dario Hübner uno dei più profilici marcatori della storia del calcio professionistico italiano, e non solo professionistico. Dario infatti non dimentica nel libro le sue gesta nei campionati dilettantistici italiani, dalla Muggesana all’Orsa Corte Franca.

La semplicità del bomber.

Il libro è una lineare autobiografia dove l’ex calciatore racconta in maniera cronologica le sue vicende, partendo dall’infanzia a Borgo Zindis (provincia di Trieste dove le avventure più intriganti si vivevano passando il confine) fino alle sue “tragiche” esperienze da allenatore di bassa serie. Hübner riempie le pagine della sua esperienza da calciatore sui generis: le circostanze legate al rettangolo verde fanno da contraltare alla semplicità della sua vita privata (tutta casa e amici). Più prosegue la lettura più emerge come al protagonista interessi poco raccontare delle sue gesta calcistiche, ci sono pochissimi accenni alle descrizioni delle azioni delle sue marcature, mentre viene dato particolare risalto a dinamiche comuni della vita extracampo (le grappe bevute con Gheddafi piuttosto che le partite alla playstation con Boselli, passando dalle trasferte post-partita per andare a trovare la fidanzata). Un calcio normale quello di Hübner, vissuto con la sensazione di essere stato fortunato ad abbandonare il mestiere di installatore di finestre per poter imperversare tra le difese di mezza Italia.

La mitologia di Tatanka.

Dario costella la narrazione del suo viaggio nel calcio di provincia, raccontando delle situazioni vissute con i compagni e dai rapporti avuti con i presidenti. Infatti, nonostante abbia accarezzato la possibilità di arrivare in una big soltanto con la tanto chiacchierata tourneé americana con il Milan, la carriera di Hübner è piena di personaggi leggendari e romantici: Lugaresi, Vicini, Mazzone, Corioni, Gaucci, Cosmi, Novellino, Ravanelli e ovviamente Roberto Baggio. Il tutto non può non essere scandito dai ricordi di campo che sono trattati dal bomber riportando i tabellini delle partite fondamentali della sua carriera (con un doveroso Inter-Brescia ad aprire il libro). Più si legge di Hübner e più quel tratto che in molti gli assegnano si delinea fortemente. Dario è infatti sì Tatanka, il Bisonte mai domo che segna all’impazzata, ma è soprattutto il ritratto di un calcio semplice, lontano dai riflettori dei media e dagli scandali. Un calcio di cui, a rischio di cadere nella retorica, avvertiamo ancora tanta nostalgia.

Perché leggere Mi chiamavano Tatanka:

perché con Dario ci si siederebbe volentieri in trattoria davanti ad un buon bicchiere di rosso della casa per passare in rassegna tutto il calcio conosciuto, dal CSI fino alle tournée negli USA.



Titolo:
Mi chiamavano Tatanka
Autore: Dario Hübner con Tiziano Marino
Editore: Baldini Castoldi
Anno: 2020
Pagine: 198


Per leggere l’intervista agli autori di Mi chiamavano Tatanka clicca qui.

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