Storia di un arbitro, di un padre e di un uomo felice


Tutti quanti indossiamo delle maschere. Piaccia o meno, succede. Questo non significa, però, dover apparire per forza di cose diversi da ciò che si è realmente. È la regola dell’apparenza, che a volte inganna ma spesso fa il novanta per cento del suo lavoro. Ed è anche di maschere che parla La mia regola 18 (Edizioni Slam, 2019, pp. 233), la biografia scritta da Paolo Mazzoleni insieme ai giornalisti Alessandra Giardini e Giorgio Burreddu, “coppia di fatto” quando si tratta di raccontare storie di sport con già diversi altri libri all’attivo, tra cui Non è mai finita, biografia dell’allenatore di basket Matteo Boniccioli, o Vedrai che uno arriverà. Il ciclismo fra inferni e paradisi.

Una biografia a tutto tondo.

Dicevamo delle maschere: quante ne deve indossare, ogni domenica, un arbitro? Tante, perché la prima cosa che conta, quando ti tocca tenere a bada ventidue ragazzotti, le panchine e talvolta pure il pubblico, è l’autorevolezza. E non c’è rottura di scatole personale che tenga, ché ai giocatori poco importa se hai litigato con la moglie o se papà non sta bene. La mia regola 18 (le regole degli arbitri di calcio sono 17, ma Mazzoleni ne aggiunge una, tutta sua: il buonsenso. Da seguire sul campo come nella vita) parla anche di questo, visto che Paolo Mazzoleni è stato, per almeno un decennio, uno degli arbitri più noti e stimati della nostra Serie A. Ma non solo. Perché il libro di Mazzoleni è una biografia vera e propria, dove il calcio e i cartellini giocano soltanto un ruolo di contorno, una scena davanti alla quale, sul palco, si snoda tutta la sua vita, sin da quando era un bambino un po’ introverso e ombroso a cui del pallone, in fondo, interessava fino a un certo punto.

Una domanda che sorge spontanea.

È in questa scelta narrativa che sta, allo stesso tempo, la forza e la debolezza de La mia regola 18. Perché se, da un lato, ogni vita nasconde risvolti unici e pertanto interessanti, dall’altro viene spontaneo chiedersi per quale motivo un lettore si dovrebbe appassionare al passato e al presente di un uomo che sì, è conosciuto, ma non è certo un Totti o un Sacchi (giusto per citare due protagonisti del calcio nostrano recentemente approdati in libreria con due libri di successo – le recensioni le potete leggere qui e qui). E sebbene le penne di Giardini e Burreddu colorino con fascino e indiscussa abilità narrativa le vicende di Mazzoleni, con lo scorrere della lettura è una la domanda che sorge spontanea: e quindi? E quindi cosa mi lascia sapere che da piccolo Mazzoleni girava la Bergamasca aiutando il padre nel lavoro di restauratore? E quindi cosa mi interessa sapere delle difficoltà vissute da Mazzoleni e sua moglie, Daiana, nell’avere un figlio?

Un protagonista che pecca di protagonismo.

Ovvio, non mancano passaggi umanamente toccanti. Sin dalle prime pagine, ad esempio, Mazzoleni racconta la sua battaglia (fortunatamente vinta) contro il tumore, che aveva nascosto a quasi tutti, sia opinione pubblica che persone care. Ma forse ci si sarebbe aspettati più aneddoti legati al suo lavoro, del quale è stato ottimo interprete e grazie al quale ha conosciuto alcune delle più interessanti personalità del calcio italiano moderno. Non è un caso se, nelle interviste rilasciate dopo la pubblicazione del libro, Mazzoleni abbia parlato soprattutto dei ricordi legati al campo da gioco, che invece si contano sulle dita di una mano nelle pagine del libro. Manca di questo, La mia regola 18: di epica, di curiosità, di verve. È un buon libro, nel quale però il protagonista pare peccare, inspiegabilmente, di protagonismo. Alla fine, sembra quasi che La mia regola 18 sia stato scritto più per lui che per i lettori. Peccato.

Perché leggere La mia regola 18 di Paolo Mazzoleni:

perché, dopo averlo letto, ci penseremo due volte (forse) prima di dare del cornuto all’arbitro. Che in fondo è un uomo come noi. A volte addirittura più di noi.


Titolo: La mia regola 18
Autore: Paolo Mazzoleni con Alessandra Giardini e Giorgio Burreddu
Editore: Edizioni SLAM
Anno: 2019
Pagine: 233


Per leggere l’intervista ai coautori de La mia regola 18 Alessandra Giardini e Giorgio Burreddu, clicca qui.

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